HOMEPAGE - LA TUA FOTO - ESCURSIONI

 

Maurizio
FOTO dI MAURIZIO SCALVINI

(Almè - Bergamo - )

2010 - 2011 - 2012 - 2013 - 2014

da agosto a dicembre 2009

ottobre 2008 - luglio 2009

 
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FILARESSA, MONTE COSTONE E MONTE PODONA
Lunedì 31 Dicembre 2012.
Ultimo giorno dell'anno, la mia stagione 2012 va definitivamente in archivio, raggiungo piccole vette della Val Seriana: Filaressa, Costone e Podona sapranno stupirmi. Mi avvio dalla piazzetta di Poscante, sopra Zogno, poco più avanti abbandono la strada e prendo la sterrata che sulla destra si alza subito ripida: sfilo davanti una santella e dopo aver sfiorato un pascolo con grande cascina mi infilo su un sentierino poco evidente che a sinistra risale il castagneto fino a portarmi ad una baita ristrutturata. Qui intercetto e seguo la sterrata che scende dalla sovrastante Forcella del Monte di Nese, che raggiungo poco dopo sbucando finalmente al sole, quantomai gradito dopo la lunga salita totalmente in fredda ombra appena compiuta: niente di meglio che crogiolarsi un po' sul sagrato della attigua chiesetta, facilmente e molto più rapidamente raggiungibile dalla vicinissima e sottostante Monte di Nese. Dal valico la salita torna a farsi ripida ma solo per poco, un paessaggio pianeggiante, soleggiato e molto bucolico mi porta ad una successiva forcella dove comincia la salita finale alla Filaressa, pendenze per nulla cattive mi portano sulla vicina vetta: il dente che ospita la croce si rivela molto panoramico e cinto da protezioni, il versante nord precipita con dirupi verticali. La prossima meta è il Monte Costone, si staglia dirimpetto ma per proseguire oltre bisogna fare dietrofront e ridiscendere la dorsale appena salita, due diversi sentieri si avventurano a destra scollinando tra le balze scoscese: il primo che si intercetta è un ripido sentierino brevemente attrezzato con catene, l'altro sentiero è più ampio e meno impervio, tutti e due scendono alla bocchetta dove nasce la faticosa salita del Monte Costone. Il sentierino fila su ripido e brucia un bel salto da oltre 150 metri di dislivello, dalla vetta resto molto colpito dal panorama che propone il contrasto violento tra la sottostante e splendida valle della piccola Salmezza e lo sfondo di una grande e cementificata Selvino. Il ripido Costone poi però si fa perdonare con un bel crinale pianeggiante che porta ad una bellissima valletta incastonata sulle pendici della Corna Bianca, si sale così ad una stradina e seguendola verso destra ci si abbassa fino alla Forcella di Salmezza, spartiacque tra due mondi totalmente opposti: la chiesetta di San Barnaba sorveglia Salmezza, uno spaccato di vita agreste che commuove per la sua genuina bellezza, una valle gioiello rimasta miracolosamente intatta mentre alle spalle fiorisce l'infinita teoria di villette selvinesi. Non resta che risalire l'ultima vetta di giornata, il sentiero percorre la dorsale nord e senza troppa fatica mi deposita sulla panoramicissima vetta del Monte Podona: una piccola croce moderna staziona sui 1225 metri di questa piccola cima, lo spettacolo di cui si può godere appaga anche l'escursionista più navigato, davvero bellissimo..!! E l'ultima escursione dell'anno, l'ultima cima, l'ultimo capitolo, lascio che il 2012 vada per la sua strada, tra quelle che conosco io ora c'è anche quella che porta su Filaressa, Costone e Podona: si chiude in bellezza ragazzi, grazie mille anno vecchio per tutto quello che mi hai regalato...
FILARESSA, MONTE COSTONE E MONTE PODONA  - FOTOGALLERY
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PIZZO CERRO E CASTEL REGINA
Domenica 30 Dicembre 2012.
Si avvicina il Capodanno, prima di chiudere la stagione 2012 mi concedo una salita a due vette modeste ma dal grande panorama: Pizzo Cerro e Castel Regina sono posizionate nella parte centrale di quella lunga costola che partendo dai Ponti di Sedrina termina alla vetta del Sornadello. Non mi dilungo in minuziose spiegazioni, il percorso che sale da Catremerio è ben segnalato: io ho preferito raggiungere su stradetta la Santella di Crosnello, prendendo poi il sentiero che in breve si ricollega a quello classico. Bellissima la posizione del Rifugio Lupi di Brembilla e grandioso il panorama che si può ammirare dalla vetta dell vicinissimo Pizzo Cerro: non da meno quello del successivo Castel Regina, che si raggiunge con sentiero di media difficoltà. Poco sotto la vetta scopro per caso un piccolo Bivacco attrezzato con cura, dal nome in perfetta sintonia con la natura un po' impervia del sito: davvero una piacevole escursione, incorniciata da una giornata super...
PIZZO CERRO e CASTEL REGINA - FOTOGALLERY
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CANTO ALTO
Venerdì 28 Dicembre 2012.
E' tempo di smaltire le libagioni natalizie, ho a disposizione un bellissimo giretto a chilometri zero: mi basta raggiungere San Mauro di Bruntino e incamminarmi verso il Canto Alto, sfruttando il percorso che si snoda tra Zappel d'Erba, Forcella di Rua e di Camblì, già trattato con affetto in un precedente servizio. Il Canto Alto non delude mai, la giornata odierna si ritaglia un posto privilegiato: finisce dritta dritta tra le più belle che io abbia mai avuto la fortuna di godere sulle Orobie, la limpidezza dell'aria ha reso tutto fantastico..!! Non potevo esimermi di dare sfogo alla mia passione di zoommare ogni possibile vetta, ne metto solo una parte. Stupendo il ritorno a San Mauro, ci sono arrivato poco prima che il sole tramontasse dietro il Monte Canto, grande collina che riceverà presto la mia visita: i colori sono sfumati dentro il giallo e il rosso per finire poi nel nero della notte. E' una croce che si illumina: Natale è passato anche lassù...
CANTO ALTO - FOTOGALLERY
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TRE PIZZI
Venerdì 9 9mbre 2012.
I Tre Pizzi: poche altre montagne suscitano un moto di sorpresa tanto intenso quando te le trovi davanti per la prima volta. Ho già trattato questi luoghi con dovizia di particolari in precedenti servizi, eppure torno a parlare di loro: questi tre gendarmi messi in fila continuano ad affascinarmi, anche oggi mi sono limitato a salire il pizzo più settentrionale, l'unico fattibile con una certa facilità. Chissà che un giorno non riesca a conquistare anche gli altri due: ma poco importa, i panorami e gli ambienti in cui si svolge questa escursione sono tra i più belli che conosco, tra i miei preferiti in assoluto. Stupendo a mio avviso l'altopiano su cui si adagia la Baita di Campo, non meno preziosa la conca dove brilla il laghetto del Pietra Quadra: ho notato una maggiore frequentazione della zona, ma questi rimangono comunque luoghi lontani dall'escursionismo di massa. Luoghi di grande tranquillità, dove anima e fisico non fanno fatica a trovare spunti alquanto rigeneranti: spero di essere riuscito a catturare in queste foto qualche briciola delle atmosfere che ho gustato lassù, briciole dai dolcissimi sapori autunnali, ormai già spruzzati coi primi colori dell'inverno
TRE PIZZI - FOTOGALLERY
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L'AUTUNNO DEL MINCUCCO
Venerdì 16 9mbre 2012.
Il Mincucco non è certo una montagna famosa, non sono ancora riuscito a scovare un cartello che ne indichi il sentiero di salita: questo obbligato "isolamento" lo relega in un cantuccio nel panorama delle vette orobiche. Ma è un isolamento di gran lusso, la vetta del Mincucco è un grande vascello erboso che scendendo dal Triomen si protende sul resto delle Orobie, offrendo un panorama bellissimo: mi è stato concesso il privilegio di salirlo dai Piani dell'Avaro in una stupenda giornata novembrina. E' probabilmente uno degli ultimi sussulti caldi di un autunno che oggi mi stordisce mettendo in scena l'azzurro dei laghetti e del cielo, il giallo ocra dei larici e dei prati, il bianco della neve. Ogni stagione ha il suo fascino, ma l'autunno è per me la stagione più bella della montagna: questa meravigliosa giornata vissuta senza fretta sul facile groppone di una defilata montagna non fa altro che cementare una mia già granitica convinzione. Oggi è ancora tempo di ombre colorate, oggi è ancora tempo di regalarsi un bellissimo Mincucco: ma l'anima sussurra che l'inverno e il suo bianco assoluto non sono lontani...
L'AUTUNNO DEL MINCUCCO - FOTOGALLERY
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TRE PIZZI
Venerdì 9 9mbre 2012.
I Tre Pizzi: poche altre montagne suscitano un moto di sorpresa tanto intenso quando te le trovi davanti per la prima volta. Ho già trattato questi luoghi con dovizia di particolari in precedenti servizi, eppure torno a parlare di loro: questi tre gendarmi messi in fila continuano ad affascinarmi, anche oggi mi sono limitato a salire il pizzo più settentrionale, l'unico fattibile con una certa facilità. Chissà che un giorno non riesca a conquistare anche gli altri due: ma poco importa, i panorami e gli ambienti in cui si svolge questa escursione sono tra i più belli che conosco, tra i miei preferiti in assoluto. Stupendo a mio avviso l'altopiano su cui si adagia la Baita di Campo, non meno preziosa la conca dove brilla il laghetto del Pietra Quadra: ho notato una maggiore frequentazione della zona, ma questi rimangono comunque luoghi lontani dall'escursionismo di massa. Luoghi di grande tranquillità, dove anima e fisico non fanno fatica a trovare spunti alquanto rigeneranti: spero di essere riuscito a catturare in queste foto qualche briciola delle atmosfere che ho gustato lassù, briciole dai dolcissimi sapori autunnali, ormai già spruzzati coi primi colori dell'inverno
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MONE MISMA
Giovedì 8 9mbre 2012.
Uso foto autunnali per parlare nuovamente del Monte Misma: ho ripetuto all'inverso il giretto effettuato la scorsa primavera. Questa volta parto direttamente dal Santuario della Forcella di Pradalunga, salgo alla vicina e retrostante Cappella degli Alpini: un sentiero nel bosco con lungo traversone mi porta direttamente al secolare castagneto della Pratolina, dove aggancio la sterrata che dopo qualche centinaio di metri si arresta nel bel mezzo di una postazione di caccia. Potrei già salire verso la vetta prendendo due tracciati che risalgono il costolone sud, ma tiro dritto e in leggera discesa mi porto fino al Roculù: anche in questo caso evito il sentiero che a sinistra sale al Misma, continuo imperterrito a tirar dritto, seguendo un sentiero che con leggeri saliscendi si inoltra sul versante meridionale del monte. Sto sorvolando la riserva naturale della Valpredina, oltrepasso la Corna Rossa: poco oltre il sentiero si adagia ai piedi di una falesia e dietro una curva sbuca all'improvviso dirimpetto il bellissimo agglomerato si Santa Maria di Misma, rimasto finora invisibile. Questo luogo emana un fascino particolare, non potevo non tornare ad assaporarlo: la chiesa è stata recentemente oggetto di restauro, ma è tutto il complesso nel suo insieme ad essere un capolavoro. Chiesa, ostello, cascine, sorgente: Santa Maria di Misma è un piccolo gioiello da ammirare con cura. E' sul retro del complesso che trovo il sentiero che sale al sovrastante colletto, piegando a sinistra si superano un paio di abitazioni poste sulla dorsale: il tracciato prosegue serpeggiando nel bosco per sbucare sul crinale, ora aggancio il sentiero evitato poco oltre la Pratolina. La vetta si preannuncia vicina, bastano pochi minuti e appena oltrepassato un minuscolo sacrario eccomi toccare la grande croce: bellissimo il panorama di quassù, accoglie un'infinità di montagne, di molte non conosco neppure il nome. Pur essendo posizionato nella bassa Valle Seriana il Misma abbraccia con gran generosità anche montagne valdimagnine e brembane, i cui profili per ragioni di vicinanza ho ormai scolpiti nel DNA: abbino al mia pausa mensa al divertente impegno di provare a identificare anche il resto dell'orizzonte, la cui vastità lascia increduli. Un'antipatica foschia prova a nasconderne una parte, ma lamentarsi sarebbe davvero un sacrilegio, per oggi va bene così: non mi do per vinto, prima o poi riuscirò a imbattermi nel cielo limpido che anche oggi mi è stato negato. Saluto la vetta e scendo sul sentiero che percorre il versante sud, il percorso per tornare alla Pratolina è piuttosto breve: il Misma è una montagna "veloce" da salire e scendere, raggiungo il vetusto castagneto in una mezz'oretta abbondante. Mi giro per un ultimo sguardo al Misma, da quì appare come una lunga collina del tutto anonima e insignificante: mai lasciarsi ingannare dall'aspetto, questo piccolo cocuzzolone regala uno dei panorami più belli delle prealpi orobiche..!!
MONTE MISMA - FOTOGALLERY
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COLORI DEL RESEGONE
Mercoledì 7 9mbre 2012.
Brumano - Resegone: classicissima escursione alla volta della più elevata cima valdimagnina. Lascio da parte qualsiasi descrizione tecnica, preferisco che a parlare siano queste 20 foto colorate d'autunno: tasselli sgargianti e altri più delicati si sono alternati nel comporre mosaici di panorami bellissimi, splendido quello della Costa del Palio. Il Resegone è un capolavoro: ecco il mio piccolo omaggio autunnnale...
COLORI DEL RESEGONE
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UN CANALINO TRA CANCERVO E VENTUROSA
Martedì 6 9mbre 2012.
Il Canalino dei Sassi si arrampica tra le tormentate creste del Cancervo, montagna che mi ha visto sgambettare per prati e boschi fin da quando ero un piccolo bambino: da adolescente ne ho scoperto il nome, da adulto ne ho raggiunto la vetta. Ci sono luoghi che non hanno un perché, altri che ne hanno fin troppi, il Canalino si pone in un personalissimo bilico tra queste due estremità: c'è qualche sfumatura di simbiosi con lui, da quando l'ho scoperto è diventato il mio sentiero preferito per raggiungere la vetta. La prima recente neve non ha sconfitto i tepori di questo tiepido inizio di novembre, oggi il sudore della ripida parte iniziale lo stempero in un'affascinante tavolozza di panorami colorati: l'altopiano che mi attende in cima al canalino si presenta in tutta la sua limpida bellezza, la vetta del Cancervo diventa il gustoso antipasto del successivo Venturosa, montagna per cui nutro un affetto sconfinato. Il Passo di Grialeggio e la Baita del Giacom osservano il mio transitare, la vetta del Venturosa si intenerisce quando le rivolgo il mio rispettoso saluto: sono salito espressamente per questo, è il mio personale commiato, non tornerò che l'anno prossimo. Ho la netta sensazione che la montagna ne sia consapevole, i panorami che mi regala, pur conosciuti, hanno un sapore più dolce. Ci sono luoghi che non hanno un perché e forse anche certi sentimenti restano intrappolati in questa logica: a volte il loro nome si specchia in quello di un canalino e di due montagne...
UN CANALINO TRA CANCERVO E VENTUROSA
UN CANALINO TRA CANCERVO E VENTUROSA
UN CANALINO TRA CANCERVO E VENTUROSA
UN CANALINO TRA CANCERVO E VENTUROSA
UN CANALINO TRA CANCERVO E VENTUROSA
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UN CANALINO TRA CANCERVO E VENTUROSA
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ANELLO DEL LINZONE - L'AUTUNNO SI TINGE DI BIANCO....
Martedì 30 8bre 2012.
Quando mi incamminai per la prima volta su questo bellissimo giretto era la metà di marzo, la primavera era già arrivata da un bel pezzo: ora ci torno per immergermi in colori totalmente diversi, l'autunno si allea con la neve per regalare atmosfere inconsuete. Il piccolo altopiano che si stende sopra Roncola Alta cela degli angoli magnifici, la zona tra Ronco e Piazzola e la succesiva bella mulattiera che conduce a Sclapa e Cà Teresa svelano un Linzone inaspettato, lontano anni luce dalle esagerazioni edilizie di Roncola San Bernardo. Certo, durante l'escursione bisogna chiudere un occhio ed evitare di catturare con lo sguardo le imponenti antenne di Valcava, ma a parte questa parentesi tutt'altro che accattivante il resto della camminata si intrufola spesso in ambienti bucolici che vale davvero la pena di andare a visitare. Non mi dilungo in dettagli tecnici, già trattati nel mio precedente servizio: provate a regalarvi questo Linzone inconsueto, saprà sorprendervi...
ANELLO DEL LINZONE - L'AUTUNNO SI TINGE DI BIANCO....
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ZUC DI VALBONA
Lunedì, 29 8bre 2012.
Questa piccola grande montagna della Valle Imagna l'ho già trattata in un precedente servizio, dove potete trovare i dettagli per raggiungerla: domina in maniera discreta Fuipiano, offrendo ambienti sorprendentemente belli e che danno l'impressione di essere a quote più elevate. Torno sull'argomento perchè oggi mi è capitato di salirla in un contesto a dir poco spettacolare: alberi ancora ricchi di colori autunnali su cui si sono innestate abbondanti pennellate di soffice neve invernale. Un contrasto emozionante durato lo spazio di una mattinata: che bello poter esser lì a goderne..!! Meraviglioso il panorama di vetta, nulla da invidiare a cocuzzoli ben più alti dei 1546 metri che si toccano lassù, lo Zuc di Valbona è facilissimo da salire, richiede poca fatica e regala tanto: cosa volere di più..??
ZUC DI VALBONA - FOTOGALLERY
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PIZZO BADILE
Venerdì 19 8bre 2012.
Le Torcole ed il Monte Colle sono tra gli angoli più panoramici delle Orobie, la meta che mi sono prefissato oggi sorveglia entrambi con misurata discrezione: il Pizzo Badile è una di quelle piccole montagne defilate e senza gloria, custode silenziosa di ambienti stupendi e ignorati dal grosso popolo degli escursionisti. Il mio giretto inizia dirimpetto il palaghiaccio di Piazzatorre, il sentiero CAI 121 mi spara subito in faccia 14 tremendi tornanti di stradina cementata, pendenze che misuro a litri di sudore versati, nonostante le fredde nebbie che mi avvolgono: tiro il fiato nel traverso che porta al guado del torrente che scende dalle Torcole, poi i tornanti ricominciano. Altri dieci tornanti mi separano dalla casera posta alla base della Torcola Vaga, solo quando le arrivo dinnanzi i miei scarponi smettono finalmente di calpestare la nebbia, i panorami che si aprono sono già notevoli, posso vedere anche il Pizzo Badile: è il momento di abbandonare la stradina per avviarsi tra i prati di questo grande pascolo, prendo il sentierino che si stacca alla destra della baita. Trovare il sentierino è pia illusione, specie d'estate, ma so per esperienza che basta risalire i prati puntando la casera sovrastante, prima o poi la traccia la ritrovo: superata la casera salgo allo stallone con abbeveratoio nei pressi del crinale, il sentierino non tocca lo spartiacque, fila via a sinistra risalendo un ripido costolone. Sfioro una piccola pozza e con un lungo traverso raggiungo il Forcolino di Torcola, dove si apre il bel panorama sull'alta Valle Brembana, ma è solo l'antipasto di quello che mi verrà regalato tra poco: ho scelto di salire di venerdì per approfittare del giorno di silenzio dell'attività venatoria, i capanni sin qui sfiorati sono muti e nessun colpo di fucile disturba la pace di questi luoghi meravigliosi. In leggera discesa raggiungo una bella baita di cacciatori, poco più avanti mi si parano davanti i Baitelli freschi freschi di ottima ristrutturazione, ancora qualche centinaio di metri per superare una fontana e giungere al Monte Colle: lo stupendo lariceto fin qui attraversato, custode di esemplari secolari, si apre su un dosso pianeggiante che culmina in una croce di legno sbilenca, quella croce ammira un panorama tra i più belli che io conosca..!! La vallata di Carona si staglia dirimpetto, offrendo l'insolita vista del paesello coronato dagli inseparabili Diavoli: non è la prima volta che arrivo quassù, ma la bellezza di questo panorama mi lascia ogni volta senza fiato. Il Pizzo Badile è interamente avvolto da una coperta di larici, risalgo lo squarcio di prato dietro la grande stalla, basta alzarsi solo di pochi metri e la veduta sul Monte Colle diventa una cartolina fiabesca: sfioro larici maestosi, poi il sentiero si incammina sul versante nord e con facile traverso sale al vicino Passo di Monte Colle. Riappare Piazzatorre, le Torcole mostrano tutte le loro immense pinete, le erbose balze del Monte Secco fanno da contraltare all'elegante bosco da cui spunta il Pizzo Badile: mi avvio verso di lui, prendendo un sentierino che si intrufola tra i larici, salgo di sbieco portandomi per un attimo sul filo del crinale. Ma lo abbandono subito per spostarmi sulle balze che formano il piccolo e ripido dente finale: il tracciolino è minimo ma comunque evidente, sale con pendenze molto faticose facendosi largo tra qualche cespuglio. Il lariceto finisce senza far rumore, ancora pochi minuti e sbuco sulla vetta, ad un passo dalla piccola croce bianca che la sormonta: il Pizzo Badile è più vicino e più facile di quanto potrebbe sembrare guardandolo dal passo del Monte Colle, alle gambe allenate possono bastare una decina di minuti o poco più. Questa piccola vetta regala un panorama grandioso e silenzioso, essendo lontana dai sentieri trafficati è assai difficile arrivar quassù e trovarci altre persone, il Pizzo Badile meriterebbe ben altra popolarità, ma in fondo è un bene che resti così com'è: è una cima perfetta per chi ama la quiete, e se fortunati si può godere della compagnia dei camosci che numerosi popolano queste pendici. Oggi ho scelto di tornare a valle seguendo lo stesso percorso di salita, ma nel mio servizio compaiono anche foto del 24 8bre, sono tornato lassù 5 giorni dopo insieme a mio cognato: ho inserito quelle foto per testimoniare come ai larici siano bastati pochissimi giorni per vestire i meravigliosi colori dorati che solo parzialmente mi avevano offerto il 19 8bre. Dal Passo del Monte Colle si può anche scendere direttamente a Piazzatorre, come ho fatto con mio cognato, chiudendo così un perfetto giro ad anello e che lo si percorra in un senso o nell'altro poco importa: il Pizzo Badile e lo splendido lariceto del Monte Colle sono lassù ad aspettare che qualcuno faccia un passo fuori dell'escursionismo di massa, lassù è il benvenuto chiunque sappia far camminare i propri scarponi in punta di piedi.
PIZZO BADILE  - FOTOGALLERY
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RIFUGIO CALVI - LA PRIMA NEVE....
Martedì 16 8bre 2012.
Siamo solo a metà ottobre, sapevo dell'arrivo della neve, ma non mi aspettavo che scendesse così in basso: mi sono regalato la classica escursione da Carona al Calvi e già appena sopra Pagliari mi sono trovato immerso in panorami mozzafiato..!! Boschi imbiancati dove spiccavano i larici non ancora completamente ingialliti, forse pure loro sorpresi da questa abbondante nevicata autunnale e anche i laghi della zona mi hanno offerto uno spettacolo di primissima categoria: non mi sono tirato indietro, sono sceso sulle loro rive e ho risalito cocuzzoli per catturare vedute insolite. Ma la conclusione è sempre e solo una: la conca del Calvi innevata è uno degli spettacoli più affascinanti delle Orobie..!!
RIFUGIO CALVI - LA PRIMA NEVE....  - FOTOGALLERY
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MONTE PRASCAGNELLO - LE MILLE BAITE DI ORNICA...
Sabato 13 8bre 2012.
E' la terza volta in una settimana che torno ad Ornica, il Monte Prascagnello ha respinto i miei due tentativi precedenti e ora si profila un imminente peggioramento del tempo, addirittura arriverà la neve, o lo salgo adesso o dovrò rimandare tutto al prossimo anno: il meteo non è che prometta bene, ma i miei scarponi sono testardi e non vogliono mollare l'osso. Faccio subito una precisazione sul nome di questo monte, perché sulle cartine è ufficialmente nominato come Pascaniello: la gente del posto lo chiama Prascagnello e questo è con tutta probabilità il suo vero nome, perciò anche io lo nominerò sempre così. Stavolta parcheggio la macchina al campo sportivo di Fusinetta, nella zona più bassa di Ornica, una gradinata mi porta nel cuore del paese, lo attraverso per salire alla Madonna del Frassino: evito di essere ripetitivo, il percorso fino alla Baita Predù è quello descritto nel precedente servizio dedicato al Pizzo del Giarolo, perciò vi rimando a quel testo. Però una parola la spendo per rimarcare la bellezza di questo itinerario che mi permette di salire alla Valle d'Inferno percorrendo un versante solitamente ignorato dal grosso popolo degli escursionisti: la mulattiera che inizia al ponticello del Santuario si snoda tra boschi e pascoli ricchi di baite, che oggi finalmente si presentano con un po' di quei colori ottobrini che tanto mi attizzano. Come al solito mi attardo a scattare foto, ma non posso tergiversare più di tanto, il cielo si sta annuvolando velocemente: quando arrivo alla Baita Predù esito un attimo, temo che tutto si risolva in pioggia battente come tre giorni fa, ma poi parto deciso, il Prascagnello è vicino e un pezzetto del sentiero lo conosco già, dovrei farcela in una mezz'oretta. Ecco perciò che appena raggiunta la baita taglio subito a destra, attraverso il recinto di sassi che delimita l'attiguo pascolo e prendo un sentierino che sale con poca pendenza in direzione di un evidente cocuzzolo appuntito: risalgo con fatica la breve valletta alla sua sinistra, il sentiero diventa scivoloso per i tanti detriti e ghiaietti, raggiungo un colletto. Ora la traccia diventa alquanto labile, transito dietro un grande pino e alzandomi leggermente di quota mi avvicino alla successiva valletta, dove riesco ad agganciare un sentierino che scende al torrentello con un tratto gradinato. Compiuto il guado mi avvio su un sentierino abbastanza evidente, ma mi rendo conto quasi subito che mi sto allontanando dal Prascagnello, lo vedo chiaramente molto alto alla mia sinistra: perciò risalgo a caso i ripidi pendii in direzione delle pareti rocciose e capisco che non vale la pena scervellarsi a cercare tracce, quelle che incrocio sono sparute e non conducono da nessuna parte.
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Il Prascagnello si presenta con belle formazioni rocciose e con molta fatica mi porto fin quasi alla loro base, poi taglio a sinistra e mi immetto in un evidentissimo e stretto canalino: risalendo zolle erbose alquanto scoscese mi alzo in un imbuto che si allarga verso l'alto, arrivo finalmente alla forcella sommitale, alla mia destra una traccia conduce alla vicina vetta del Prascagnello, di cui posso già vedere l'omino di vetta. Pochi passi e sono su, io e i miei scarponi finalmente ce l'abbiamo fatta, da sotto sembrava una montagna vera ma in realtà il Prascagnello non è altro che una modestissima elevazione della lunga cresta che scende dal Giarolo: mi fermo in vetta pochissimo tempo, i panorami sono oscurati da nebbie preoccupanti, non voglio correre il rischio di affrontare il canalino sotto la pioggia, il solo pensiero mi mette agitazione. Torno subito alla forcella e buttando lo sguardo dall'altra parte mi accorgo che il canale verso la Valpianella è decisamente più abbordabile del versante sulla Valle d'Inferno appena risalito, oltretutto tra i rododendri che lo ricoprono si distingue nettamente la traccia di un sentierino: rapida decisione, scendo da lì. Il canale punta dritto a valle senza eccessiva pendenza, il sentierino si fa largo tra i cespugli tenendosi sulla sinistra: probabilmente è stato tracciato dai camosci ed è sicuramente molto meno problematico scendere da qui, bastano pochi minuti e arrivo di sbieco in fondo al canale sfiorando delle rocce sulla sinistra. La traccia ora si spiana in un macereto mosso da due onde, che mi danno la netta impressione di essere morene di scomparse vedrette, pochi passi e finisco dritto dritto sul sentiero della Valpianella: molto molto più facile salire al Prascagnello da qui, non c'è paragone col versante della Valle d'Inferno..!! Adesso potrebbe anche mettersi a piovere, non sarebbe più un problema: scendo il bel sentiero della Valpianella, oltrepasso la Baita Nicola e mi tuffo nel bellissimo bosco, finchè un bel pezzo più in basso mi immetto su un largo sentiero. Giro così a sinistra e dopo soli cinque minuti di blanda discesa arrivo alla radura dove trovo l'incrocio col sentiero CAI 107 della Valle Salmurano, ma trovo anche un cartello che mi dice che il sentiero da cui provengo oltre che portare in Valpianella conduce anche alle Cinque Vie: la curiosità è troppa, rapido consulto alla cartina escursionistica del libretto "Al cospetto del Tre Signori" e rapidissimo dietrofront, le Cinque vie mi aspettano sulla strada per Ornica. Torno così al punto dove si stacca il sentiero della Valpianella e tiro dritto arrivando subito alla radura della Baita Baecc, poi attraverso la vallata e dopo esser sceso a lungo di traverso in una pineta sbuco su un costolone dove il bosco si trasforma in faggeta: il sentiero ora mi mette il leggera difficoltà per via delle abbondanti foglie che lo ricoprono, la traccia si trasforma in un canaletto che scende con molta decisione e sembra perdersi in più direzioni, ma il fiuto da fungaiolo navigato mi porta dritto al cartello delle Cinque Vie. Sono alle Piazze Alte e mi basta girare a sinistra per raggiungere in breve il pascolo omonimo, dopo averlo contornato scendo un paio di tornantini e abbandono il largo sentiero delle Cinque vie che fila via a sinistra: dopo aver consultato la dettagliata cartina del libretto prendo una scorciatoia che scende tra le baite.

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Filo giù dai prati tenendomi un pochino sulla destra, raggiungo la baita più bassa e appena sotto mi immetto su un sentiero ben marcato che si tiene alto sopra altri pascoli con baite: vado a destra e dopo qualche minuto di discesa nel bosco ecco un bivio, qui prendo la traccia di sinistra e in breve mi ritrovo sulla stradina asfaltata che sale da Ornica, sono in località Vadeschi. Riscaldato da belle occhiate di sole seguo la stradina fino alle Baite Cesur, dove un cartello mi indica il sentiero 107, prendo la splendida mulattiera militare selciata che affianca la stradina per un pezzetto restando una spanna più in basso, poi raggiunto l'ennesimo gruppo di baite comincia la dolcissima calata a valle, giusto il tempo di superare un paio di tornanti nei prati quand'ecco che il gorgogliare di un torrente attira la mia attenzione: mi affaccio sul sentiero che scende alle Baite Taine e vengo folgorato dalla visione di una bella cascatella con ponticello incorporato, mi ci fiondo all'istante..!! Un angolino bellissimo, attrezzato pure con tavoli, panche e fresca sorgente, il sentiero prosegue poi con un secondo ponticello che deposita alle Baite Taine: non le raggiungo, faccio merenda in questo angolo di eden, quindi felice e contento percorro i cento metri che mi riportano sul sentiero 107. Il tranquillo viaggio della mulattiera prosegue nei prati dell'Albe, e qui i miei occhi hanno modo di osservare altre belle baite nella dirimpettaia Valle della Cola, poi un ultimo ligneo crocifisso preannuncia l'arrivo a Ornica: è l'ultima radura, è l'ultima baita, ormai ho perso il conto di tutte quelle viste o sfiorate oggi, quante..!! Tralascio la mulattiera che si infila tra le case alte di Ornica, prendo quella che si abbassa a sinistra verso la sottostante e ben visibile Rasega, due minuti e sono al suo bel ponte pedonale: le macchine non hanno accesso a questa minuscola e suggestiva frazioncina, il sentiero 107 finisce nel piccolo parcheggio affacciato sulla cascata scavalcata dal ponte. Scendo sulla strada comunale e la attraverso, l'acciottolato fatto al mattino mi riporta a Fusinetta: anche oggi ho conquistato una cima nuova, ma il mio pensiero viaggia altrove. Viaggia di baita in baita, ripenso a tutte quelle conosciute oggi: nella mia mente si alternano baite rustiche e baite splendidamente ristrutturate, baite che ho toccato con mano e baite che ho ammirato da lontano, baite aggrappate in cima ad un prato e baite rinfrescate da torrenti, di tutte serbo un piccolo ricordo. Verrà la neve, poi verrà una nuova estate, solo allora mi incamminerò per far visita a quelle che non ho incontrato oggi, non tornerò che l'anno prossimo: c'è tutto un universo di sentieri da percorrere quassù e in quell'universo abitano e brillano le mille baite di Ornica...

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PIZZO DEL GIAROLO
Mercoledì 10 8bre 2012.
Nonostante il tempo nebbioso i miei scarponi vogliono tornare a gironzolare tra i sentieri e le baite alte di Ornica, e se ci scappa anche una cima nuova tanto meglio: dopo un giretto nel centro del paese mi porto al Santuario della Madonna del Frassino e attraverso il ponticello adiacente per prendere un sentiero che non conosco, torno sul versante che tanto mi aveva affascinato solo pochi giorni fa. Una bella mulattiera gradinata sale ripida, curva davanti ad una fontana e con un paio di tornanti mi porta sotto i prati delle Rate, qui prendo il sentiero in salita che si tiene al margine di piantagioni e salendo ancora arrivo ad un bivio ben segnalato dove seguo le indicazioni per le Baite Paul (Paullo): mi avvio perciò verso destra, direzione che mantengo anche al successivo bivio non segnalato, dove la traccia principale sembra salire, mentre in realtà quella da prendere fila via pianeggiante girando immediatamente dentro la valletta del Canal del Giardì. Oltrepasso la vicinissima baita omonima e per sentiero pianeggiante arrivo in breve all'incrocio con la ben più ampia e marcata Asinovia su cui mi immetto, bastano pochi minuti e arrivo alla Baita Tagliata: davanti a me posso vedere la Baite Paul, dov'ero passato qualche giorno fa, non mi resta che abbandonare l'Asinovia che gira a sinistra, proseguo in piano su un comodo sentiero e attraverso una valletta con ricco ruscello, arrivando così dritto dritto nel cuore delle Baite Paul. Ora la strada da seguire la conosco e non è riportata sui cartelli segnaletici posti all'angolo delle baite, proprio da lì parte un sentiero che sale direttamente nel prato alle spalle delle baite: il tracciato si alza come dentro una trincea realizzata con staccionate e fili per delimitare il pascolo del bestiame, asini e cavalli curiosi mi fanno giusto l'occhiolino mentre salgo fino al sovrastante nucleo delle Baite dello Zucco - Losco, altro angolino veramente molto bello. Ora ripeto quanto fatto prima, salgo direttamente di fianco alle baite grazie ad un tracciolino nel pascolo che poi traversa sulla destra sfiorando altre baite: giungo davanti ad un recinto con asini e seguo la larga mulattiera che lo costeggia sulla sinistra, ecco l'ennesima bella radura con baita e appena oltre sbuco sulla sterrata del Colle Dudello, praticamente di fronte al tracciato che sale al Ferdy. Il versante su cui corre questo itinerario è davvero molto bello, però anche oggi purtroppo non mi è concesso il sole splendente che tanto vorrei: ma mi rifarò, i miei scarponi promettono solennemente che torneranno alla prima giornata di sole che si profilerà all'orizzonte..!! Ora mi alzo nella Valle d'Inferno per oltrepassare il Ferdy e immergermi nella nebbia che staziona appena sopra, umida e fedele compagna anche quando sfilo alla Baita Ciarèi e che solo al mio arrivo alla Baita Predù sembra per un attimo alleggerirsi: provo a deviare a destra per il Prascagnello, mi avventuro per qualche centinaio di metri e non senza difficoltà sull'itinerario, ma mi rendo conto ben presto che questa vetta è preclusa in caso di nebbia, decido quindi di tornare alla Baita Predù e proseguire verso la Sfinge. Ma ecco che due tornanti sopra la Baita Corna dei Vitelli il sole mi stampa in fronte tutto il suo caldo tepore: finalmente il mondo nebbioso lascia spazio ad un panorama che emoziona sempre, galleggiare sopra le nuvole è una di quelle esperienze che segnano l'anima di qualsiasi escursionista, troppo bello..!! Mi sento come la lucertola sul sasso, sfilo ritemprato al cospetto della Sfinge e 200 metri prima di arrivare alla Bocchetta dell'Inferno trovo il bivio che mi ha insegnato il mio amico Fausto: a destra si stacca un sentierino bollato ma non numerato, taglia tutto il versante sud del Monte Giarolo con percorso divertente adatto ad escursionisti esperti. .
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Ecco che mi avvio sul versante dirimpetto la Sfinge, risalgo un canale e mi porto su una cengia un po' esposta, ma il sentierino è tracciato bene, non ci sono problemi: aggirato il costolone arrivo subito in una grande e insospettabile conca detritica ricca di macigni in cui il sentiero si intrufola dopo aver compiuto un largo giro in discesa, il percorso è ben segnalato e io su questo terreno mi diverto un mondo a saltellare di roccia, in roccione, in roccetta. Poi il sentierino fila via a mezzacosta su pendii molto scoscesi qui e là anche un po' esposti, ma la traccia è ben individuabile e non ci sono sostanzialmente problemi: quando avvisto la cimetta col grande omino di sassi dove passa il sentiero 101 delle Orobie Occidentali, invece di raggiungerla taglio su direttamente per i pendii alla mia sinistra e senza troppe difficoltà raggiungo il crinale. Ho deciso di salire in vetta al per me inedito Pizzo del Giarolo, così facendo schivo un pezzetto di strada: il sole è nascosto da sottili velature, niente a che vedere con le nebbie che mi hanno impedito di salire al Prascagnello, il Giarolo è fattibile. Seguendo la traccia proveniente dalla cima con l'omino di sassi, mi avvio a sinistra sulla cresta, non difficile ma nemmeno da sottovalutare, in quanto presenta dei passaggini in punta un po' esposti: seguendo fedelmente il crinale mi porto alla base dello strappo finale del Giarolo, che a dir la verità non invoglia molto alla salita, presentando delle rocce che sembrano chiudere il cammino. Invece facendo molta attenzione si riescono ad individuare tracce che aggirando i salti consentono di risalire senza troppa difficoltà il versante: attenzione però, la traccia preferisce farsi trovare dall'occhio di escursionisti esperti e risulta molto più facile individuarla in discesa. Comunque una volta superato lo strappo, a dir il vero anche abbastanza lunghetto, ecco che mi ritrovo in vetta al Giarolo, mannaggia alle nuvole che limitano alquanto i panorami, quello che mi intriga di più è verso il Pizzo di Trona: il Lago Rotondo ai suoi piedi per un curioso effetto ottico sembra racchiuso in una cerchia rocciosa, quasi fosse adagiato nel cratere di un vulcano.

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Anche quassù dovrò ritornare, il meteo è stato un po' troppo monello: sono soddisfatto sì, ma è come se mi fosse mancata la ciliegina sulla torta. Per fortuna a rallegrarmi ci pensano alcuni stambecchi incrociati sulla cresta, mentre sulla via del ritorno mi appresto a raggiungere il grande omino sulla piccola cima dove passa il sentiero CAI 101: lo seguo fino alla alla Bocchetta di Trona e alla successiva Bocchetta dei Piazzotti, dove decido di abbandonarlo per tuffarmi nella Val Pianella. Giro a destra e scendo in una conca, per poi risalire di traverso raggiungendo così un poggio: il mare di nuvole è lì che mi aspetta, ci entro controvoglia, ma non posso fare altrimenti, spero solo che la Val Pianella mi possa a sorpresa regalare qualche bello spunto. Per una mezz'oretta è nebbia totale e devo scendere fino al bosco per trovare il primo spunto decente: un fungo alquanto tenace ha sollevato un sasso grosso quanto un mattone. Neanche il tempo di guardare com'è uscita la foto e all'improvviso si scatena un forte acquazzone, le nebbie hanno deciso di sciogliersi in gocce copiose: mi accompagneranno per tutta la discesa lungo la Valle di Salmurano, dove scopro altre belle zone con baite in abbondanza che però non posso immortalare, la pioggia è troppo forte. La beffa si compie ad un passo dalla macchina, com'era cominciato tutto finisce in un baleno, il cielo comincia a mostrare squarci di azzurro e di vette: lascio Ornica con la consapevolezza che il mio viaggio non finisce qui, c'è tutta una zona che merita di essere visitata. Scarponi, zaino e macchina fotografica votano all'unanimità: si tornerà quassù presto
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PIZZO DI GIOVANNI
Sabato 6 8bre 2012.
Ornica, lascio la macchina al piccolo parcheggio della Rasega ad est del paese, poi ne attraverso il bel centro storico e proseguendo su breve tratto di strada salgo alla vicinissima Sirta: è la prima volta che mi avventuro su questo versante della valle, incuriosito dai tantissimi sentieri riportati sulla cartina allegata al bel libretto "Al cospetto del Tre Signori", gli autori sono Stefano D'Adda e Marco Dusatti, ve lo consiglio vivamente..!! Eccomi quindi prendere per il Colle Dudello, la mulattiera sale alla località "Le Rate", oltrepasso in piano due baite e tenendo la sinistra ai successivi bivi trovo un paio di ripidi tornanti nel bosco che mi portano ad una radura con baita e sovrastante piccolo stagno: ora prendo l'Asinovia, mi manda a destra su un tracciato molto ampio che sale alla successiva radura di "Valle della Creta - Pezza", dove trovo un palo ricco di indicazioni. Proseguo sull'Asinovia e un po' più su prendo a sinistra la variante panoramica della suddetta, la mulattiera con un traversone in salita mi deposita direttamente al Colle Dudello: dopo aver ammirato il bel colpo d'occhio su Valtorta, mi avvio sull'ampia sterrata che con andamento pianeggiante nel bosco conduce dopo circa un chilometro e mezzo a Pigolotta. Prendo immediatamente a destra il sentiero che sale nel bosco al margine dei prati, e in breve mi ritrovo alle cascine di Pigolotta, splendido balcone che presenta i primi accenni della sua veste autunnale: vorrei perlustrare in largo e in lungo questo panoramico pascolo, ma la presenza di capanni di caccia in funzione mi suggerisce di tornare sulla mulattiera, che seguo fino ad arrivare ad un piccolo colletto. Qui giro subito a destra e prendo un sentierino, sale a lungo dentro un bosco molto bello e buono di funghi e restando nei pressi dello spartiacque mi porta fino ad una radura dove prendo a sinistra: dapprima salgo di traverso, poi riaggancio il crinale e infine fuoriesco definitivamente dal bosco per ritrovarmi sul cocuzzolo di un'ampia e panoramica sella.
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Alla mia destra si apre la Val d'Inferno, davanti ho le prime alture della Cima Fontane che mi appresto a percorrere grazie ad un sentiero che si avvia in salita verso sinistra: la traccia è piuttosto debole e bisogna prestare la dovuta attenzione, con un lungo traversone taglio tutto questo pendio denominato Fontane per la presenza di alcuni rivoli che fuoriescono all'improvviso dalla montagna. La traversata non è particolarmente difficoltosa e superate le Fontane mi ritrovo su un sentierino un po' più ripido ed evidente dove spuntano anche degli oserei dire antichissimi segnavia del CAI, poi superato un primo costolone ecco apparire la doppia vetta del Pizzo di Giovanni, ancor piuttosto lontano: aggiro un ulteriore costolone e continuando a salire ecco che mi porto alla Baita Piazza, che raggiungo a vista avendo smarrito la traccia nell'ultimissimo tratto. Un tracciolino a lato della baita punta verso il Pizzo di Giovanni, si alza un pochino entrando in una prima valletta, poi raggiungo un bel vallone e attraverso un ruscelletto: la traccia già alquanto flebile di suo sparisce, ma la sella è ormai a portata di mano, devo solo salire di sbieco per raggiungerne la sommità. La sella scende verso sinistra e appare evidente la curiosa biforcazione del Pizzo di Giovanni, prendo dapprima la direzione della cima orientale e salgo senza problemi i pochi metri che percorrono la dorsale, davvero molto facile arrivare in vetta: i panorami si sono alquanto deteriorati, le nebbie avvolgono e nascondono le imponenti bastionate del Pizzo dei Tre Signori, regalando però un'atmosfera di grande suggestione. E ora tocca alla cima occidentale, ridiscendo alla sella e prendo un evidente traccia che si porta alla base dello strappo finale: questa cima però si rivela più difficoltosa della precedente, la vegetazione e il pendio sono decisamente più esuberanti. Facendomi largo tra i bassi cespugli riesco ad arrivare in vetta, che cela una poco simpatica caratteristica: nel terreno si aprono a tradimento un paio di buche nascoste dall'erba alta, una disattenzione e ci si può rimettere una caviglia se non peggio, occhio..!!

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La missione è compiuta, la doppia vetta del Pizzo di Giovanni è conquistata: il meteo non è stato dei migliori, ma quel che ho potuto ammirare ha lasciato in me la voglia di tornare quassù in una bella giornata di sole pieno. E ora di scendere, dalla sella in poi il tracciolino si rivela molto molto meno evidente che all'andata, raggiungo di nuovo la Baita Piazza non senza difficoltà, per fortuna avevo preso dei punti di riferimento: nel vallone del ruscelletto la traccia passa grosso modo davanti ai sassi più grossi che si vedono un po' in basso, ringrazio il cielo che le nebbie non si siano abbassate se no sarebbero stati guai..!! Una piccola trappola che conferma la mia impressione: pur non muovendosi in terreni particolarmente difficili questa escursione è adatta ad escursionisti esperti. Dalla baita decido di salire alla retrostante Cima Fontane e ne prendo l'erbosa e panoramica dorsale sud: per tracce di sentiero mi abbasso con qualche attenzione fino alla sella toccata all'andata, seguo fedelmente il percorso mattutino e rieccomi a Pigolotta. Mi lascio ancora ammaliare per diversi minuti da questo angolo bellissimo, poi riprendo la sterrata del Colle Dudello, un'ultima occhiata a Valtorta e invece di girare subito a valle per l'Asinovia fatta all'andata proseguo sulla gippabile fin quasi al bivio per il Ferdy: un cartello attira la mia attenzione e devio a destra, prendendo un sentiero mai fatto prima. Non so dire con esattezza dove sono passato, so solo che mi sono ritrovato nella calda luce del pomeriggio a scendere tra innumerevoli baite e pascoli, so di sicuro di essere transitato alle Baite Paul: non mi aspettavo un percorso così bello, ne resto profondamente colpito, le alture sopra Ornica mi fanno un regalo inaspettato. Un gentile signore mi indirizza su un sentierino che scende zizzagando in mezzo ai prati e al di là di un ponticello sbuco sulla classica mulattiera della Val d'Inferno, ormai a pochi passi da Ornica: non mi ero mai scostato dalla classica mulattiera della Val d'Inferno, questi nuovi sentieri mi svelano un mondo totalmente sconosciuto e stupendo..!! Devo proprio ringraziare quel piccolo libretto, c'è tutto un universo da scoprire sopra Ornica: è solo l'inizio di un bel viaggio, i miei scarponi vogliono tornare quassù al più presto...
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PIZZO DI GIACOMO E TORRIONE DI SAN GIACOMO
Venerdì 28 7mbre 2012.
Salendo nel corso degli anni al Benigni, il mio sguardo era stato più volte attratto dalla lunga linea di cresta posta dirimpetto alla bastionata che ospita il rifugio, cresta che alza al cielo due elevazioni battezzate Pizzo di Giacomo e Torrione di San Giacomo, oggi non mi limiterò a guardarle da lontano, se tutto filerà liscio salirò lassù. Parto dalla curva di Sciocc e percorro il sentiero del Benigni fino ad incrociare quello che sale da Ornica: qui si deve scendere in tale direzione per poche centinaia di metri, quindi innestarsi sul sentiero che risale la bellissima Valpianella e portarsi alla Baita Nicola. ( Io in realtà, fidandomi di un sentierino poi rivelatosi inesistente, sono giunto alla suddetta baita con un traversone avventuroso sulle pendici orientali del Pizzo di Giacomo: non ve lo descrivo perché è sicuramente molto più ragionevole seguire il sentiero della Valpianella...) Supero la Baita Nicola, mi porto sul pianoro sovrastante e presso i ruderi della baita Pastrengo mi fermo ad osservare per bene i pendii verso nord: il Torrione di San Giacomo occhieggia maestoso, alla sua destra la montagna prima scivola a formare una sella, poi risale un pezzettino trasformandosi nel Pizzo di Giacomo. I pratoni di quei versanti non ospitano sentierini, dovrò inventarmene uno che arrivi a quella sella, la linea da seguire si delinea nella mia mente, cerco di memorizzarla: davanti a me si erge un primo salto roccioso che decido si aggirare sulla sinistra, poi mi alzo gradualmente verso destra, ma la pendenza dei pendii è molto più tosta di quello che poteva sembrare dal basso e l'attraversamento di alcuni canali richiede attenzione, cerco di seguire quella mia linea immaginaria , che però devo continuamente adattare a ciò che la montagna mi para davanti. L'importante è aver memorizzato la posizione della sella ed ecco che finalmente la raggiungo, arrivare quassù dalla Valpianella è sicuramente pane per escursionisti esperti: niente di particolarmente difficile, ma bisogna essere abituati a pendenze severe su terreni selvatici.
PIZZO DI GIACOMO E TORRIONE DI SAN GIACOMO - FOTOGALLERY
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La sella è ampia, il Pizzo di Giacomo mi attende a destra con pendii tutt'altro che invitanti, per fortuna sono presenti alcuni omini: risalito il prato per qualche decina di metri, mi indirizzano bruscamente a sinistra sul versante nord, dove trovo un sentierino che fila via pianeggiante alla base di un salto roccioso. All'improvviso a destra si apre un canalino di facili roccette e sfasciumi, totalmente invisibile fino ad ora, pochi minuti di semplice sebbene ripida salita portano ad una targa commemorativa degli Alpini di Ornica, qualche passo ancora ed è subito vetta: grande e bello il panorama quassù, un grosso omino di sassi mi fa compagnia mentre scruto gli orizzonti, dominati dal vicinissimo Torrione di San Giacomo. Il Torrione mi attrae e mi respinge, rimango un bel po' a studiare i suoi pendii, finché individuo una possibile via di salita: proverò a conquistarlo, riservandomi però di fare dietrofront in qualunque momento. Torno fedelmente sui miei passi e ridiscendo alla sella, un sentierino si addentra sui versanti nord conducendo ad un piccolo ed inaspettato altopiano, che abbandono per salire a naso fino alla base della bastionata est del Torrione: sono un po' preoccupato, l'impatto è piuttosto impressionante e non ci sono indicazioni o aiuti se non qualche sparuta traccia, ma è il momento di provarci. Comincio col superare un chiaro sassolone inclinato, poi prendo leggermente a sinistra e risalendo un canalino roccioso (attenzione se umido...) arrivo su un terrazzino erboso: ecco che le tracce mi portano all'estrema sinistra, dove addossato ad una verticale parete si cela una specie di budello che dopo qualche metro sterza improvvisamente di 90 gradi per infilarsi sotto una breve galleria naturale. Il passaggio è molto divertente e la salita fin quì non presenta difficoltà rilevanti, sono rinfrancato, proseguo ora su pendii di roccette ed erba, ritrovandomi poi in un canale con le medesime caratteristiche: mi alzo senza problemi verso sinistra, ecco che inaspettatamente mi ritrovo direttamente in vetta: molto più facile e veloce di quel che pensavo, ne resto un po' stupito.

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PIZZO DI GIACOMO E TORRIONE DI SAN GIACOMO - FOTOGALLERY
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E' sicuramente una cima più impegnativa del Pizzo di Giacomo, la mancanza di bolli e omini la rende decisamente riservata ad escursionisti esperti, ma tecnicamente è meno ostica di quanto uno potrebbe pensare: bisogna solo riuscire ad individuare la via di salita giusta, poi il Torrione di San Giacomo si rivela una vetta di bella soddisfazione, i panorami che mi offre sono ovviamente quasi la fotocopia di quelli del fratellino minore, ma va benissimo così. Per concludere la giornata decido di raggiungere il Benigni, torno diligentemente alla base del Torrione seguendo la via di salita e mi infilo giù da una facile valletta che sfocia dritta dritta sulla traccia del sentierino proveniente dalla sella: ora mi addentro sul versante nord, con andamento suggestivo mi incammino all'ombra di alte pareti rocciose. Ad un certo punto smarrisco la traccia, ma ormai sono ad un passo dalla Bocchetta di Piazzotti e visto che le gambe trotterellano ancora discretamente mi concedo lo sfizio di salire la dirimpettaia Cima di Valpianella, che raggiungo dopo essermi portato alla Bocchetta di Trona. Eccomi di nuovo ad ammirare i bellissimi panorami di questa cima, eccomi per l'ennesima volta scendere sulle adorate pietraie che portano direttamente al Lago Piazzotti, eccomi di nuovo sulla soglia del piccolo Benigni: sono qui per salutarlo, è il mio commiato per il 2012, non tornerò che l'anno prossimo. "Salendo nel corso degli anni al Benigni, il mio sguardo era stato più volte attratto dalla lunga linea di cresta posta dirimpetto alla bastionata che ospita il rifugio, cresta che alza al cielo due elevazioni battezzate Pizzo di Giacomo e Torrione di San Giacomo, oggi non mi limiterò a guardarle da lontano, se tutto filerà liscio salirò lassù...." : il mio oggi è stato lassù.
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PEGHEROLO - FAVOLA DI UN GIORNO DI MEZZA ESTATE....
Venerdì, 14 7mbre 2012.
Non me ne vogliate se torno a raccontare di una montagna già proposta un anno fa: forse mi sono innamorato di quello stupendo viaggio in cresta che si chiama Pegherolo. Però in quell'occasione nello scrivere il testo ero andato totalmente a memoria, rileggendolo mi sono accorto di qualche imprecisione: stavolta ho preso abbondanza di appunti, rifaccio il compito con una sintetica descrizione tecnica. Si sale fino al Passo di San Simone per sterrata o piste e al valico si gira a sinistra su sentierino, che tagliando tutto il versante sotto le Canne d'Organo porta al vallone detritico dove serpentine discretamente faticose depositano al Passo d'Erba: ecco una breve discesina seguita da un traversone, dopo pochi minuti si aggancia la lunghissima cresta del Cavallino - Pegherolo. Con tracciato ondulato il sentierino porta ad un dosso che cela una breve e facile paretina, da scendere con l'aiuto di una catena: segue un tratto sostanzialmente pianeggiante, poi il sentierino affronta la ripida cresta che dopo aver vinto oltre una cinquantina di metri di dislivello deposita sul Pizzo Cavallino. Qui ci si abbassa per alcuni metri lungo un ripido pendio di franosi sfasciumi, superati i quali ci attende la risalita di un breve colletto attrezzato con esilissima catena: occhio alla discesina successiva, cui segue l'attraversamento di una piccola parete inclinata. Facendo bene attenzione ai bolli ci si riporta immediatamente in cresta, poi si prosegue affrontando un paio di lunghi e faticosi dossi: attenzione, il percorso fin qui descritto si svolge costantemente sul filo di una cresta sempre molto esposta sui due versanti..!! Purtroppo dalla vetta del secondo dosso si devono perdere almeno un centinaio di metri di dislivello, la cresta per un attimo si allarga poi si restringe di nuovo sul consueto stretto filo: in fondo ecco che si apre il mondo del Pegherolo, si volta pagina, siamo alla Piodessa.
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Si comincia col risalire di sbieco una parete con orme scavate appositamente nella roccia, poi si arriva al sottilissimo filo che per qualche decina di metri non consente l'incrocio di due persone: lo confesso, questo tratto mi entusiasma a dismisura, in alcuni punti la larghezza della cresta non supera i 40-50 centimetri..!! E bisogna cavalcarla col vuoto sul versante di Valleve e pendii che non perdonerebbero un errore su quello di Mezzoldo, quindi occhio..!! Oltretutto questo segmento non è provvisto della benché minima catena, indispensabile non soffrire di vertigini..!! Si affronta ora una elevazione, quindi ci si abbassa ad un colletto dove un bel bollo ci invita ad andare a sinistra: si affronta un traverso sul versante di Valleve, reso un po' delicato dalla presenza di detriti, arrivando così ad un nuovo ampio colletto chiuso da una frastagliata parete su cui evidenti bolli indirizzano all'attacco della prima catena. Catena che spostandosi leggermente a sinistra permette di superare un breve e verticale saltello, poi altre facili roccette portano in cima ad un dosso dove si deve nuovamente girare sul versante di Valleve per affrontare un delicato traverso: questo è decisamente più esposto del precedente e a mio avviso qui una bella catena non guasterebbe davvero..!! Si scende poi ad un minuscolo colletto da cui dipartono due profondi canali ghiaiosi, quindi ci si alza su facili roccette che verso destra portano in pochi metri alla breve e facile seconda catena, ma è il pendio successivo che si rivela un po' rognoso: la traccia si mette a zizzagare tra sfasciumi e saltelli rocciosi, il pendio molto ripido esige costante attenzione e passo felpato, soprattutto in discesa, vietatissimo scivolare..!!

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La cresta ora si impenna nel torrione finale, dove una lunga catena consente di risalire con relativa facilità la profonda spaccatura centrale: successive roccette riportano sul filo di cresta che per un attimo si presenta addirittura larga e pianeggiante, la grande croce di vetta appare ormai vicinissima, ma ecco che subito la cresta si restringe in passaggini molto esposti. Il Pegherolo non ha finito di chiedere dazio, non restano che pochissimi metri alla vetta quando ecco presentarsi l'ultimo saltino roccioso, che costringe di nuovo all'uso delle mani: è davvero l'ultima volta, neanche il tempo di dire amen e la vetta è conquistata. La "fredda" descrizione tecnica finisce qui, ma permettetemi di aggiungere qualche frase "calorosa", oggi il Pegherolo mi ha fatto un regalo davvero speciale: ho compiuto tutta questa meravigliosa cavalcata in tranquilla solitudine, non ho incontrato nessuno all'andata né al ritorno. Eravamo solo io ed il Pegherolo, immersi dentro panorami mozzafiato, coccolati da una giornata stupenda: mi sono sentito in totale simbiosi con lui, mi sono sentito ora roccia, ora prato, ora cresta. Mi sono sentito vento e precipizio, catena e ghiaione, croce e delizia: volavo all'istante in ogni angolo che il meraviglioso panorama di vetta mi offriva, dove cadeva il mio sguardo io ero lì. Ho assaporato la salita nel fresco chiarore del mattino, ho goduto il ritorno nella morbida luce del tardo pomeriggio, ho vissuto un giorno intero della mia vita in cammino sulla ruvida pelle di una magnifica montagna: Pegherolo, Mon Amour....
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SENTIERO 244 - PERIPLO DELL'ARERA -

Mercoledì 29 Agosto 2012.
Capanna 2000: dietro il rifugio si apre un anello che consente di compiere il Periplo dell'Arera. Avevo già percorso più volte il sentiero 244 verso destra fino alla Forcella di Valmora, anche oggi sarà così: quando scollinerò sul versante settentrionale avrò le immense pareti dell'Arera illuminate dal pieno sole, compiere il periplo in senso inverso significa trovarsele controluce. Ecco perciò che mi inoltro su questo sentiero, targato EE, che fila via pianeggiante sul versante sud dell'Arera, restando molto alto sopra la Baita Zuccone e proprio all'altezza di quest'ultima giro un costolone per entrare in un grande vallone che scende direttamente dalla vetta, in leggera discesa raggiungo poi un secondo vallone e al suo termine ecco apparire la prima facile catena, che permette di attraversare in piano una placchetta inclinata. Ora, facendo attenzione alla bollatura un po' carente, mi alzo leggermente in un nuovo vallone e mi porto al di sopra di un gradone roccioso: una secca discesina si trasforma in un saltello di due metri, disarrampico dentro un microscopico budello facendo attenzione ai tanti detriti. Aggirato il costolone l'ambiente si arricchisce di belle formazioni rocciose che sorvegliano il secondo tratto di catene, anche in questo caso nulla di difficile: placchette inclinate e ricche di sfasciumi, idem per la terza catena che arriva immediatamente dopo. Mi ritrovo a sfiorare un grande masso con bella croce, contraltare perfetto della retrostante Cima di Valmora. Ecco arrivare l'ultima brevissima catena di questo versante, poi il sentiero scorre in piano sulla rilassante costa che in quarto d'ora traghetta senza problemi alla Forcella di Valmora, dove si apre un bellissimo panorama, comprensivo delle lontane vette di Diavolo, Redorta e Coca: non mi resta che scollinare, ancora non so cosa l'Arera mi sta per regalare. Comincio a scendere in linea retta e riaggancio subito il sentiero, si abbassa dentro un canale portandomi ad una cengia un pochino esposta e attrezzata con catena, che mi aiuta a scendere una piccola paretina, poi con ripida discesa arrivo all'ultima catena, posizionata su una cengia inclinata che si supera senza troppi problemi: questi due tratti attrezzati sono comunque più impegnativi di quelli incontrati in precedenza sul versante sud. Il sentiero adesso scende ad attraversare un canaletto franoso, il cammino trova un ostacolo imprevisto, proprio nell'ultima parte una piccola frana ha denudato una paretina inclinata: si riesce comunque a passare, ma una catena sarebbe stata alquanto gradita, qui non avanzerebbe davvero..!! Arrivo così su un costolone molto franoso, ricco di minuti ghiaietti, detriti e sassi mobili in abbondanza, lo scendo con una certa dose di fatica e circospezione per oltre cento metri di dislivello. Una sterzata verso sinistra mi porta ad un colletto e proseguo la mia discesa che ora taglia un profondo vallone detritico, dove l'evidente erosione degli agenti atmosferici tende qui e là a cancellare la traccia, costringendo così il sentierino a presentare qualche passaggio un pochino delicato.

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Ma il pericolo vero è dato dal panorama, gli occhi dovrebbero concentrarsi sul sentiero, ma restano ammaliati dallo straordinario spettacolo di bastionate, conche e canaloni che si alzano da questo oceano di detriti rinnovandosi in continuazione, mentre l'orizzonte si allarga ad accogliere la vicina Cima del Fop e le lontane Presolane: meglio non rischiare inutilmente, mi godo tutto questo ben di Dio solo a scarponi fermi. Con un lungo traversone il sentiero raggiunge l'altra estremità della conca, poi scendo in una valletta di ghiaia fino alla base di un costolone roccioso e lo aggiro alla base: questo è il punto più basso toccato dal 244, sono a circa 1750 metri di quota e sinceramente non pensavo di perdere così tanto dislivello..!! Come temevo ora arriva il conto da pagare, tutto quello che avevo perso lo devo recuperare e per giunta con gli interessi: il sentiero si impenna su pendenze perfide fatte di ghiaietti e terreno franoso, solo più avanti riesco a trovare conforto nell'erba di pendii comunque molto ripidi, è una faticosissima tirata da 150 metri di dislivello in un colpo solo. Poi il sentiero finalmente si ammorbidisce e gira l'angolo, neanche il tempo di lasciar resuscitare il respiro che all'improvviso resto a bocca aperta: davanti a me si apre una conca immensa fatta a forma di ferro di cavallo, una cattedrale di calcare e di cielo azzurro, un grandioso anfiteatro dove recito la parte di un granello di sabbia. Mi escono a ripetizione esclamazioni di stupore, non mi aspettavo assolutamente che l'Arera celasse un luogo del genere: abbiamo un fetta di Dolomiti sulle Orobie e non lo sapevo..!! La sorpresa è stata talmente grande che resto imbambolato, per lasciar passare lo stordimento decido seduta stante di fare pausa mensa appollaiato su un grande macigno: davvero, è uno dei posti più suggestivi che abbia mai visto..!! Riprendo il cammino e mi avvio su un bel traversone erboso, sto già rimpiangendo di abbandonare questo straordinario capolavoro della natura quando appare un'altra bellissima visione: dirimpetto a me l'Anticima Est della Corna Piana disegna un aguzzo ed elegantissimo dente, alla cui base corre un evidente sentiero, che decido di raggiungere. All'altezza di un paletto segnavia abbandono il 244 che devia a sinistra per risalire ghiaioni, proseguo dritto davanti a me, dove la montagna si addolcisce in un cordone di pianeggianti dossi e collinette: seguo dei bolli gialli marchiati anche col numero 8 che mi accompagnano praticamente dal Passo di Valmora, risalgo la collinetta che delimita il bordo del grande vallone pietroso sotto il Passo di Corna Piana, poi devio a destra e con un breve strappo raggiungo il sentiero CAI 218, sotto l'Anticima.

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Il mio consiglio è di seguire questa strada in quanto da questo versante si ha un magnifico colpo d'occhio sulla Valcanale e sulla Valle Seriana, nonché sul vallone e sui contrafforti dell'Arera: restando sul 244 si vanno a sfiorare pareti "pericolose" poiché sormontate da balze semi erbose, dove ho potuto ammirare alcuni esemplari di camosci intenti a pascolare...Che poi sono fuggiti buttando sassi di sotto, occhio..!! Risalgo il 218 lungo pietraie e pendii un po' faticosi, quindi riaggancio il 244 proprio in corrispondenza del Passo di Corna Piana: l'occasione è troppo ghiotta, decido di raggiungerne la vicina vetta. Non mi dilungo in spiegazioni, la traccia è abbastanza evidente: grossomodo bisogna raggiungere il crinale e qui mi fiondo a destra verso la bella Anticima Est sormontata da una lucida croce, poi torno sui miei passi e seguendo un tracciato un tantino impegnativo tocco la vetta della Corna Piana. Questa montagna adatta ad escursionisti esperti presenta una bollatura quasi inesistente e un unico passaggio un po' esposto, ma non difficile: vale la pena di essere conquistata, regala splendidi panorami. Una volta ridisceso al passo proseguo sul 244 e passo alla base della grande conca del Mandrone, quindi mi abbasso fino ad immettermi sul largo e comodo Sentiero dei Fiori, altra perla di questo superbo Arera che vado letteralmente a sfiorare con le mani: ormai è fatta, mi resta solo un colletto da risalire, ecco gli imbocchi delle miniere e l'ultimo vallone, arrivo sui prati dietro la Capanna 2000. Ritrovo il cartello giallo dell'andata, la chiusura del cerchio è completata, il magnifico Periplo dell'Arera mi ha sorpreso per la bellezza severa e straordinaria del versante nord, un tracciato quasi sconosciuto che meriterebbe maggior attenzione e considerazione. L'Arera è un palindromo: un nome che può essere letto in entrambi i sensi, ci avevate mai fatto caso..? Anche il 244 può essere percorso nei due sensi, ma fidatevi del cartello giallo, andate a destra: è la scelta migliore, non ve ne pentirete.
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ANELLO DELLE PRESOLANE - FERRATA DELLA PORTA

Mercoledì 8 Agosto 2012.

Parcheggio agli impianti di Colere, frazione Carbonera, poi ridiscendo in paese: il sentiero CAI 402 si fa trovare subito, parte come stradina, si alza nel bosco diventando cementata. Passano 10 minuti, un vecchio ristoro abbandonato mi accoglie al Pian di Vione, stupenda conca a cui è stata giustamente restituita dignità: il bosco lascia spazio a radure e gli occhi si riempiono di roccia chiara, quella possente della Corna delle Quattro Matte. Salgo seguendo le indicazioni per la Falesia Roby Piantoni, nel primo tratto combaciano col sentiero 402: nei pressi di uno spiazzo didattico attrezzato con Calchera e Poiat tralascio la deviazione a destra per la falesia, il sentiero per l'Albani tira dritto su un faticoso ghiaioncello, mi intrufolo nel bosco. Con una sterzata netta verso destra mi porto ad una valletta un pelino ripida, è poco più che un attimo, il sentiero ora si dispiega in un lungo traversone: la pendenza diventa dolcissima, il sentiero esce allo scoperto e si distende tra radi larici e pini mughi, scivola tra cespugli di rododendri e ginepro, accarezza sassi e piccoli macereti, trasformandosi in una stupenda passeggiata ai piedi delle Quattro Matte. Non me l'aspettavo, resto ammutolito: è uno dei sentieri più belli che mi sia mai capitato di percorrere..!! Arrivo ad un pietroso vallone che scende direttamente dalle Quattro Matte, lo attraverso contornando di fatto la testata di questo suggestivo anfiteatro: il sentiero risale ora uno spallone, senza strappi faticosi arrivo ad un primo colletto dove sterzo con decisione a sinistra, nuovi pendii per nulla impervi mi portano sul bordo di un cratere detritico. Davanti a me appare una grande conca di sfasciumi tagliata in obliquo da un sentiero, con bella salita lo vado a raggiungere ed eccomi così sul CAI 401 che percorro girando a sinistra, cinque minuti dopo la Presolana si lacera in uno stretto canale, ripongo i bastoncini, emozionato ed agitato mi appresto a rendere omaggio ad un tracciato "storico": ecco la Ferrata della Porta. Mi arrampico sulla prima scaletta pensando a quante mani hanno afferrato questi gradini prima delle mie, poi ne segue immediatamente una seconda breve e a piombo, quindi ne arriva una terza bella lunga e impervia: un traverso con catene mi porta nel centro dello stretto canale che risalgo con fatica per portarmi sul lato sinistro, dove scalette pioli e funi mi aiutano a superare un canaletto laterale che sfocia in uno stretto intaglio, è il Passo della Porta. Ora la ferrata si snoda in un ambiente molto più aperto, proponendo più o meno lunghe scalette intercalate da catene, fondamentali per superare cenge e traversini a volte molto esposti: le mani si appoggiano di frequente, ma il cammino in realtà non sconfina mai nel troppo difficile, addirittura spuntano anche pezzettini di normalissimo e zizzagante sentierino di montagna..!! Finisco dirimpetto un grande masso intitolato alla ferrata, il sentiero acquista pepe grazie a nuovi tratti attrezzati che mi portano fino ad un intaglio: scendo dall'altra parte per raggiungere in breve una larga e molto esposta cengia, poi altri pioli e catene mi aiutano a vincere le roccette di un canaletto piuttosto franoso. Eccomi all'improvviso su di un colle, di colpo sbuca l'arcigna parete nord della Presolana Orientale, ai suoi piedi l'immensa conca del Fupù: approfitto dello spettacolo offertomi per rifiatare, in teoria il peggio dovrebbe essere passato. Errore, una catena corre dritta rasoterra lungo un pendio ripido, ricco di sfasciumi scivolosi: la prima parte della discesa verso il Fupù si dimostra molto più delicata del previsto. Scendo guardingo, vietatissimo scivolare, un po' più sotto la pendenza diminuisce leggermente e le catene spariscono, non le difficoltà però: io un altro paio di catene le avrei messe volentieri..!

ANELLO DELLE PRESOLANE - FERRATA DELLA PORTA - FOTOGALLERY
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Poi il sentiero diventa meno ostico, mi abbasso sempre più finchè un'ultima fune mi traghetta definitivamente nel ghiaione della suggestiva conca: nel punto più basso si và a sfiorare un nevaio, neve vecchia e compatta, sono convinto che quassù nelle annate migliori possa resistere tutto l'anno. Il sentiero attraversa tutto il ghiaione salendo tranquillo e così dovrebbe essere anche per il costolone erboso successivo: arrivo nei prati dirimpetto la Corna delle Quattro Matte, sgancio i bastoncini, voglio risparmiare energie, la strada è ancora lunga. Neanche il tempo di muovere quattro passi e dietro una curva incrocio un ragazzo che stà percorrendo la ferrata al contrario, direzione Albani. E' tutto tecnologico: abbigliamento griffato, casco, imbragatura, cordini, moschettoni, guantini. Io sono attrezzato con: fascetta parasudore, fotocamera a tracolla, cavalletto fissato al torace col cinghietto pettorale dello zaino, bastoncini impugnati a mani nude. Il suo sguardo si riempie di stupore, ci leggo chiaramente la frase: "Ma questo quà non avrà mica fatto la ferrata conciato così..??" I miei occhi gli rispondono silenziosi di sì: per un attimo mi sento Alien, quanto vorrei avere in mano anche un cestino da funghi per stupirlo ancora di più..!! Quello sguardo non lo scorderò mai, lui sparisce dietro l'angolo e io scoppio in una risata, ahahah..!! La mia non è irriverenza, ho appena scoperto che la Ferrata della Porta non è affatto quel terribile sentiero che immaginavo: è molto ben attrezzata di suo, se sono riuscito a farla pure io vuol dire che è alla portata di parecchi escursionisti. E adesso riprendo il cammino, con un traversone in salita mi porto sul crestone delle Pecore, appare il Visolo: ricompaiono le catene ma si tratta di passaggini facili, ancora un po' di fatica ed arrivo sullo speroncino appena sopra la Bocchetta del Visolo. Mi affaccio sul versante sud, ecco dieci metri lineari di discesa incatenata, è finita e mi dispiace: la bellissima Ferrata della Porta è alle mie spalle, ne ho già un'immensa nostalgia..!! La consiglio vivamente a tutti gli escursionisti esperti, si arrampica tra le rughe della Presolana con percorso arguto e mai troppo difficile: non fatevela mancare..!!

ANELLO DELLE PRESOLANE - FERRATA DELLA PORTA - FOTOGALLERY
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Il resto del tracciato lo conosco già tutto, mi abbasso perciò sul frizzante sentiero difficile che scende a destra verso la Cappella Savina, anche quì non mancano pendii franosi e delicati attrezzati con catene, così come non mancano spettacolari vedute sulle strapiombanti pareti delle Presolane: distolgono lo sguardo, occhio a dove si appoggiano i piedi..!! ( Per una descrizione migliore di questo sentiero, vi rimando ad un precedente servizio dedicato alla Presolana Orientale...) Mi godo la grandiosa passerella delle Presolane, una ad una sfilano davanti a me: l'Orientale e la Centrale mi accompagnano nel percorso tra la Bocchetta del Visolo e la Cappella Savina, quella del Prato e la Occidentale sorvegliano la mia risalita alla Grotta dei Pagani e il traversone fino al Passo di Pozzera, infine compare la Presolana di Castione, sentinella fedele del bel sentiero che mi deposita al Rifugio Olmo. Non mi dilungo in minuziose spiegazioni, i sentieri sono ben tracciati e segnalati, non si può sbagliare direzione. Sono ufficialmente divallato nella Valzurio, dal rifugio Olmo scendo per comodo sentiero fino alla Baita Bruseda e da quì prendo a destra, il tracciato percorre l'Alta Valzurio regalandomi scenari magnifici, sembrano angoli delle Dolomiti: a mio avviso questa bucolica valle è tra quelle minori la più bella della bergamasca, i suoi panorami stemperano e consolano la fatica dei seicento metri di dislivello che mi portano al Passo dello Scagnello. Finalmente scollino di nuovo in Val di Scalve, la stanchezza è tanta, ma per fortuna la mia strada ora è tutta in discesa: raggiungo in breve il rifugio Albani, palcoscenico privilegiato per ammirare le immense pareti nord delle Presolane. Non mi resta che scendere a Colere, a metà strada del sentiero CAI 406 devio a destra e prendo la scorciatoia del CAI 403, scendo nel bosco fino ad incrocare la stradetta degli impianti che seguo fedelmente per arrivare alla Carbonera: l'anello si è chiuso, un sogno si è avverato. Tecnicamente parlando è sicuramente un giro lunghissimo e faticoso, da affrontare solo con debito allenamento: complessivamente sono circa duemila metri di dislivello sia in salita che in discesa, io ci ho messo dieci ore, che al netto delle pause si rivelano otto ore e mezza di puro cammino. Le anime più tranquille è meglio che si appoggino ai due rifugi presenti sul tracciato, spezzando la fatica in due giorni: scelta consigliata per godersi con più calma i fantastici ambienti delle Presolane. La mia testa ha preferito raccontare con maggior dovizia di particolari la prima parte del percorso, quella relativa alla ferrata: è la parte che mi ha entusiasmato di più, il resto del percorso è più bucolico e strappa aggettivi che partono dal bellissimo, passano dallo stupendo e finiscono col meraviglioso..!! Il mio cuore ha ammirato per intero le Presolane, ha fatto giro girotondo con le Regine: indimenticabile....

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PIZZO PLAGNA - MONTE VISOLO - PRESOLANA ORIENTALE

Lunedì 23 Luglio 2012.

Lascio come altre volte la macchina alla chiesetta del Passo della Presolana, la mia avventura prevede una tappa intermedia al Monte Visolo: poi se tutto andrà bene sarà di nuovo Presolana, quella orientale però. Studiando una cartina topografica mi accorgo di un sentierino che sale al Visolo passando dal Pizzo Plagna, ma il cartello posizionato all'inizio della sterrata non fa accenno a questa possibilità. Do fiducia alla cartina escursionistica, percorro per intero la stradetta, arrivo ad un cancellone: sorpresa, un cartello riporta proprio le mete che mi ero prefissato e mi spedisce a sinistra su un sentierino bollato che si arrampica subito in mezzo ai prati. Arrivo in breve ad un ripetitore, poi ad un traliccio, il sentierino raggiunge immediatamente il crinale: mi si dischiude una bella visuale sulla zona del Pizzo Camino, della Valle Camonica e sul Passo della Presolana. Il sentierino serpeggia fino a raggiungere un dosso, si abbassa qualche metro nel bosco e ricomincia a salire con numerose serpentine nei prati: la traccia deve lottare con la vegetazione esuberante e in più di un'occasione tende a franare di qualche centimetro verso valle. Si tratta di un tracciolino veramente esiguo e tutt'altro che comodo da percorrere, però è bollato bene e soprattutto ha il pregio di essere parecchio panoramico, arrivo sul pianeggiante cupolotto del Pizzo Plagna: niente male questa prima montagnetta, proseguo sul crinale perdendo qualche decina di metri di dislivello dentro una rada pineta, la salita ricomincia dopo un tratto pianeggiante sul crinale. E' una salita breve, arriva un lungo traversone, in leggerissima discesa raggiungo un'ampia e splendida sella, gironzolo gustandomi i panorami verso la piana di Clusone, la Valle di Scalve dall'altra, la Presolana si distende nella sua bellezza e guida il mio cammino: ecco un bivio per la Baita Cassinelli, io devo proseguire sul crinale, la traccia sparisce e riappare dopo un attimo per portarmi su una spettacolare crestina. Si viaggia tra pini mughi che tendono a soffocare il già esiguo tracciolino e nell'ultimo tratto si sfiora un profondissimo canalone che precipita verticale sulla Valle di Scalve per centinaia di metri, per fortuna si passa in sicurezza: ricomincio a salire, la traccia quasi sparisce nella vegetazione diventando quì e là anche piuttosto franosa, occhio..! Un ultimo breve tratto pianeggiante, il sentierino scompare totalmente, devo porre la massima attenzione nello scovare i bolli sui sassi: mi inerpico su pratoni molto ripidi e faticosissimi, per fortuna una trentina di metri più in alto sbuco sull'ampio sentiero CAI 326, proveniente dalla Cassinelli, è come passare da un pista ciclabile ad un'autostrada..!!

PIZZO PLAGNA - MONTE VISOLO - PRESOLANA ORIENTALE - FOTOGALLERY
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PIZZO PLAGNA - MONTE VISOLO - PRESOLANA ORIENTALE - FOTOGALLERY
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Non mi resta che seguire fedelmente il sentiero, la strada è ancora lunghetta e faticosa, un traversone mi dischiude la vista sulle Quattro Matte, l'ombra delle nuvole aiuta il mio cammino lungo le successive infinite serpentine dove a sorpresa compaiono gli abbondanti resti di una grandinata, finalmente tocco la vetta del Visolo: è stato sicuramente molto più bello raggiungerlo passando dal panoramicissimo sentierino del Pizzo Plagna e bellissimi sono i panorami di quassù, davanti a me compare la mole della Presolana Orientale, vorrei raggiungerla ma la grandine scombussola i miei piani. Ho letto manuali e guide, non dovrebbe essere difficile arrivare lassù, io però non conosco la salita, sarà il caso di provarci con la grandine per terra? Tentenno a lungo, vorrei e non vorrei, ne approfitto per una lunga pausa mensa, poi si aprono squarci di sole: vado. Mi abbasso con molta cautela alla sottostante Bocchetta del Visolo, sfilo davanti all'arrivo della Ferrata della Porta ( ci sto facendo seriamente un pensierino...), prendo un evidente sentierino che fila via sulla sinistra, la grandine pur presente per ora non ostacola il cammino: non ci sono bolli, mi torna molto utile l'aver osservato a lungo questo versante dalla vetta del dirimpettaio Visolo, da cui si può già intravedere la traccia da seguire. Mi infilo in un canaletto poco pendente e breve, poi sterzo bruscamente a destra su una placchetta di roccia infarcita di minuti detriti, un successivo traversino pianeggiante mi porta all'inizio di una cengetta inclinata: a ragion veduta è forse questo il passaggio più delicato dell'intera salita, i ghiaietti la rendono scivolosa, nulla di difficile, però bisogna abbondare con la prudenza specie in discesa. Arrivo così sulla cresta che risalgo grazie a facili roccette, una debole traccia c'è e vengo aiutato anche da sparuti mini ometti di sassi: giungo così su una cresta pianeggiante da dove appare la vera vetta della Presolana Orientale ormai alquanto vicina, percorro l'ondulata cresta ed arrivo alla base dello strappo finale. Studio il pendio, risalgo nuove facili roccette, perdo di vista gli ometti e decido di spostarmi leggermente a sinistra dentro balze erbose: una piccola piramide di sassi mi accoglie in vetta, è fatta, è ancora Presolana..!! Questa non ha certo il blasone e la severità dell'Occidentale, la più alta, ma anche l'Orientale ha un suo bel fascino e soprattutto è decisamente molto più abbordabile..!! Potrei spingermi a dire che anche un semplice buon escursionista può tentare di salire quassù, le difficoltà non sono mai esagerate e con la dovuta prudenza questa Presolana può essere conquistata senza troppi problemi: attenzione però, la via non è bollata, è indispensabile avere un ottimo fiuto nell'individuare la via da percorrere, una folata di nebbia può incasinare tutto, meglio essere esperti o farsi accompagnare da gente che lo è. La giornata si è messa al bello, percorro un pezzo di cresta portandomi su una successiva elevazione da dove posso vedere il resto delle Presolane: vale la pena raggiungere anche la vicinissima l'Anticima Sud, pochi metri di facile cammino, il panorama che si godono le due piccole croci è sicuramente di prima categoria..!! Bellissima questa Presolana Orientale, pur essendo una sorellina minore delle altre non è certo una montagna di serie B, anzi..!! Sono proprio contento di averla salita..!!

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Così contento che una volta tornato con le dovute cautele alla Bocchetta del Visolo decido prendere il sentiero che porta alla Cappella Savina, classificato come difficile: neanche il tempo di avviarsi che il sentierino tira fuori un indole alquanto tormentata, andando a prendere di petto pendii ripidi e rognosi che obbligano all'appoggio delle mani. Viaggio su un terreno che punta con decisione verso il basso, il cammino è decisamente impegnativo: un primo spallone di serpentine ghiaiose mette alla frusta l'equilibrio, faccio abbondante uso dei bastoncini per mantenerlo, bisogna prestare la massima attenzione per non scivolare. Mi sposto verso destra fin quasi sotto ad altissime pareti, arrivo al primo tratto attrezzato con catene: una specie di piccola ruga della montagna che si percorre restando in punta, la pendenza è modesta, scendo faccia avanti accordando fiducia totale ai bastoncini. A complicare le cose ci si mettono gli abbondanti detriti, arrivo ad una seconda catena che mi aiuta a superare un canalino e quì sorpresa: c'è un grosso cumulo di neve ghiacciata in fondo alla catena, non me l'aspettavo, è stato un inverno secco, presumo che negli anni normali in questo punto la neve possa resistere fino a stagione molto inoltrata, quindi attenzione. Arrivo alla terza catena, forse la più nervosetta: devo fare un brevissimo traverso su una paretina quasi verticale, gli appoggi per i piedi vanno ricercati con una certa cura, nulla di difficile comunque. Attraverso il grande Canalone Sud che separa la Presolana Orientale da quella Centrale, arrivo alle ultime quattro catene, messe in fila una dietro l'altra: devo risalire roccette veramente facili, chi ha piede sicuro può anche filare via tranquillo senza usarle. Ecco un lungo traversone altalenante verso destra, poi il sentiero scende ad inventarsi un passaggino molto divertente: sembra letteralmente scavato nella roccia e istintivamente penso a come possano passar di lì i portatori sani di corna... Poi il sentiero ricomincia a scendere in maniera anche molto decisa e propone un ultimissimo tratto di facili roccette: fine definitiva delle difficoltà, la Cappella Savina si avvicina sempre di più. Sbuco sul sentiero principale appena prima, decido di raggiungerla, alla sua ombra tiro le conclusioni: è stato più pepato scendere da questo sentiero che nemmeno salire la Presolana Orientale..!! Niente di troppo difficile, in effetti non ho mai avuto bisogno di riporre i bastoncini, però certi passaggi non vanno presi sottogamba. Ora non mi resta che tornare alla macchina, il percorso è quello normale che scende alla Cassinelli e poi traversa via nel bosco a prendere il secondo tornante della sterrata che parte dalla chiesetta del Passo della Presolana, proprio quella dove mi ero avviato stamattina. Arrivato alla Cassinelli mi giro per l'ultimo sguardo: si chiama Presolana, ma sarebbe più corretto dire "Le Presolane"... Vi saluto, magnifiche sorelle regine delle Orobie: qualcosa mi dice che ci rivedremo presto...

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PIZZO DEL VALLONE E PIZZO SCALA

Giovedì 21 Giugno 2012.

San Simone e Baita Camoscio, patria di Pegherolo e Monte Cavallo: con Piero e Vito mi incammino sul sentiero 116, si va dalla parte opposta, alla scoperta di montagne valtellinesi. La lunga e tranquilla mulattiera militare ci scollina al Passo di Lemma dove il nostro cammino si divide, aggancio un sentierino pianeggiante a sinistra e con bel percorso palinato e per nulla faticoso attraverso la conca sotto la Cima occidentale di Lemma: arrivo ad una sella dove abbandono il sentierino che scende, prendo direttamente una traccia che a destra percorre la dorsale verso il vicino Pizzo del Vallone, prima meta della giornata. L'ampia cresta corre via con diverse ondulazioni, non è per nulla difficile e senza patemi arrivo alla base dello strappo finale: la cresta si restringe e s'impenna, abbandono i bastoncini, ma a ragion veduta le difficoltà sono minime, non ricorro quasi mai all'appoggio delle mani. In breve arrivo sulla vetta sud del valtellinese Pizzo del Vallone, l'aguzza vetta nord è poco più in là ma non la raggiungo: il panorama è bello anche da quì, ho un'altra cima che mi attende, torno sui miei passi. Ecco che in discesa il ripido strappettino finale si rivela un po' esposto, non me ne ero accorto in salita, presto la dovuta attenzione: ripercorro tutta la bella traversata fino al Passo di Lemma e attacco subito la dorsale, che con lungo percorso mi porta fino alla Cima di Lemma, dove per un attimo riaggancio i miei compagni.

PIZZO DEL VALLONE E PIZZO SCALA - FOTOGALLERY
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PIZZO DEL VALLONE E PIZZO SCALA - FOTOGALLERY
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Davanti a noi ecco il Pizzo Scala, scendiamo la dorsale per qualche metro, ci separiamo: loro si abbassano ulteriormente per tentare la salita dal versante est, io tiro dritto verso la cresta sud, pare sia un tantino pepata. In realtà si rivela lunga e divertente, i tanto temuti passaggini impegnativi non mi sono apparsi tali, anche quì ho appoggiato poco le mani e seguendo le tracce ho aggirato senza troppi problemi i saltini rocciosi: vero è che mi sono inerpicato su scoscese balze erbose più adatte a stambecchi e camosci, ma qualsiasi escursionista esperto può salire quassù con relativa facilità. Ed ecco così che metto in carniere anche il Pizzo Scala, ampia vetta erbosa custodita da un piccolo Crocifisso, una marmotta ha messo sù casa a pochi metri, condivido a lungo con lei i bei panorami: arriva il momento di scendere, il prato dove ha scavato la tana sembra offrire una via di discesa alternativa. Perciò dalla vetta mi abbasso nel pratone est, nemmeno troppo ripido e appena trovo la possibilità di farlo mi sposto nel canalone a sinistra, scendo a caso dentro questo ripidissimo imbuto spacca ginocchia che si allarga man mano perdo quota: a metà della discesa incrocio i miei compagni che dopo qualche tribolazione hanno finalmente trovato la strada giusta e li ragguaglio sulla via da seguire, io proseguo la discesa puntando verso una baitella ancora piuttosto lontana, da lì dovrei trovare una traccia verso il Passo di Tartano.

PIZZO DEL VALLONE E PIZZO SCALA - FOTOGALLERY
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E infatti così avviene, raggiunta e oltrepassata la baita mi rendo conto di attraversare conche di origine glaciale ed è grande la mia sorpresa quando mi imbatto in una vera e propria morena: la risalgo, scoprendo quella che sicuramente tanti anni fa era la culla di un ghiacciaio, ora resta solo una effimera colata di neve che basta però a scatenare la mia anima sciatrice. Riprendo il sentierino, in pochi minuti raggiungo una baitella malmessa, il Passo di Tartano è appena lì sopra, una salitella e sono di nuovo affacciato sui panorami bergamaschi: non mi resta che scendere la dolce mulattiera, mi metto a curiosare nel Baitone Saline, sfilo davanti le Baite dei Fontanini, sfioro la Baita Belvedere e immortalo la Baita Sessi in compagnia delle sue belle montagne sovrastanti. San Simone non è certo un capolavoro, tutt'altro, ma nulla le vieta di essere base di partenza per ottime escursioni: c'è un bell'angolino di Valtellina solo a due passi da quì...

PIZZO DEL VALLONE E PIZZO SCALA - FOTOGALLERY
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BIVACCO ZAMBONI - PIZZO DEL VENTO - MONTE TARTANO

Martedì 19 Giugno 2012.

Parcheggio della Madonna delle Nevi, nessun'altro all'orizzonte, neanche il tempo di allacciarmi gli scarponi e girarmi, il mitico Spike si avvicina festante e scodinzolante: per la mia escursione verso il Bivacco Zamboni posso contare su una guida d'eccezione..!! Avevo debuttato quassù solo pochi giorni fa in una giornata di nuvole impietose, ho voluto fortissimamente tornare per godermi questa bellissima zona col sole pieno: attraverso il ponticello e mi inoltro nell'ampio vallone, dopo aver guadato il torrente giro a sinistra, abbandono la sterrata per addentrarmi nella Foresta Azzaredo - Casù grazie al sentiero 124. (Attenzione: il guado del torrente può risultare difficoltoso, in caso di piena prendere la deviazione prima del ponticello...) L'Ersaf ha trasformato il sentiero in una mulattiera molto bella e curata, con ripide serpentine si alza nel bosco fino a transitare davanti la Baita Casù: il rudere è stato recuperato a deposito e rustico ricovero d'emergenza. Nuove serpentine, ora meno faticose, portano ad una valletta e con bel traversone sbuco dirimpetto alla stazione superiore di una moderna teleferica, di colpo esco dal bosco ed in breve raggiungo la Casera Azzaredo: incrocio il primo dei tanti pannelli esplicativi presenti sul sentiero, davvero molto chiari e interessanti, mi alzo nel pascolo e oltrepasso la Baita Arletto, portandomi nel vallone che poco sopra si trasforma nella bella conca di origine glaciale che ospita il Bivacco Zamboni. Tutte le baite fin quì incontrate mi hanno accolto con una targhetta indicante nome e quota, il bivacco mi accoglie con un sasso poliglotta: Spike mi ha accolto tra le sue montagne precedendomi lungo tutto il sentiero che sicuramente conosce a memoria e mi fa compagnia quando mi siedo per ammirare il panorama baciato dal sole.

BIVACCO ZAMBONI - PIZZO DEL VENTO - MONTE TARTANO
BIVACCO ZAMBONI - PIZZO DEL VENTO - MONTE TARTANO
BIVACCO ZAMBONI - PIZZO DEL VENTO - MONTE TARTANO
BIVACCO ZAMBONI - PIZZO DEL VENTO - MONTE TARTANO
BIVACCO ZAMBONI - PIZZO DEL VENTO - MONTE TARTANO
Che bello..!! Mi segue fedele quando prendo il sentierino che sale appena a sinistra del bivacco, ho deciso di puntare alla sovrastante Bocchetta di Budria: la traccia si sposta verso sinistra e vado a raggiungere la piccola costruzione di un acquedotto, poi giro a destra in direzione dell'evidente canale che porta al valico. La pendenza dapprima è docile, cerco di scovare qualche traccia che mi possa guidare, Spike si mette dietro, mi da l'impressione di non conoscere la strada: ecco che a metà canale spunta un sentiero vero e proprio, con secchi tornantini in breve raggiungo la Bocchetta, si apre il panorama valtellinese, vicinissimo si staglia nel cielo l'elegante e aguzzo Pizzo del Vento. Non ci penso due volte, un bel sentiero scende alla vicina selletta da cui parte la ripida crestina per la vetta, dapprima salgo tenendo un pelino la sinistra, poi in corrispondenza di una bella roccia bianca mi porto un po' a destra: la salita non è difficile, prendo in braccio Spike giusto per fargli superare un piccolo saltino, 5 minuti e sono in cima.
BIVACCO ZAMBONI - PIZZO DEL VENTO - MONTE TARTANO
BIVACCO ZAMBONI - PIZZO DEL VENTO - MONTE TARTANO
BIVACCO ZAMBONI - PIZZO DEL VENTO - MONTE TARTANO
BIVACCO ZAMBONI - PIZZO DEL VENTO - MONTE TARTANO
BIVACCO ZAMBONI - PIZZO DEL VENTO - MONTE TARTANO
Dopo aver doverosamente ammirato il bel panorama ripercorro fedelmente i miei passi fino alla Bocchetta di Budria, prendo la lunga cresta che mi porterà al Monte Tartano: anche lei non è particolarmente difficile, alterna tratti tranquilli ad altri dove la natura del terreno si fà un po' più impegnativa. L'ultimo strappo è decisamente più ripido e roccioso, seguo fedelmente le tracce e Spike segue me, arriviamo felici e senza troppi problemi in vetta: ci meritiamo un po' di riposo e il simpatico cagnolino mi si accuccia tra le gambe, mette le sue zampette tra i miei piedi e mi strappa un sorriso pieno di tenerezza. Il Monte Tartano è indubbiamente una cima poco frequentata, ma la salita è di sicura soddisfazione ed il panorama non disdegna ottimi scorci, perciò comincia la trafila degli autoscatto: Spike mi segue fedele nelle numerose corse avanti e indietro per stare nei tempi della fotocamera, poverino, alla fine nei suoi occhi spunta un rassegnato stupore..."Ma che razza di strano escursionista sono andato a cercarmi oggi..??!!" Non potevo immaginare che l'avrei avuto al mio fianco, divido a metà con lui il mio unico panino e gli regalo tutti i biscotti che mi ero portato, se li merita proprio..!! Dopo una mezzoretta ci incamminiamo lungo la cresta sud per raggiungere il sottostante Monte Azzaredo, che di fatto si rivela una banale gobba dove la cresta si sdoppia: prendo quella est, e con lungo percorso, non privo di punti in cui prestare attenzione, arrivo a quello che dovrebbe essere il Passo di Piedivalle, di fatto orfano di qualsiasi indicazione. Devo scendere a destra verso la Baita Piedivalle, ma il canale che diparte dal passo non mi ispira fiducia, perciò proseguo oltre in leggera salita: dopo circa duecento metri riesco ad intercettare un canale nettamente più ampio e senza troppi patemi mi abbasso a raggiungere un paio di baitelle, dove trovo un sentiero che scende al lago verde di Romice. Un sentierino costeggia tutto il sinuoso ruscelletto che ricama la parte sinistra della spianata: molto suggestivo questo tratto, in poco tempo raggiungo la Baita Piedivalle e quì riaggancio il sentiero 101, che seguo fino a raggiungere il vicino e piccolissimo Laghetto di Cavizzola: ora prendo il Sentiero delle Casere e mi abbasso fino alla Casera dei Siltri, la aggiro e proseguo nello stupendo lariceto, uno dei boschi più belli che abbia mai visto in vita mia! Passano solo pochi minuti e fuoriesco alla spianata della Costa Piana di Terzera, tutta la camminata era finalizzata a questo momento: il sole esalta la bellezza sfolgorante di questo luogo, me lo gusto in silenziosa compagnia di un omino di legno, mentre Spike si muove con disinvoltura, dimostrando un'evidente e profonda conoscenza della zona. Spero di averlo ancora con me quando tornerò quassù, voglio vedere i larici dorati e lasciare i miei passi nella neve, passi che adesso divallano verso la sottostante Casera comunale, ora raggiunta dalla nuova sterrata che provvedo a seguire fino a quando attraverso il torrente su un ponticello: la mia attenzione viene immediatamente catturata da belle cascatelle, che non esito un istante ad esplorare. Riprendo la sterrata e la percorro fino a trovare la deviazione per la Madonna delle Nevi, penso che la mia lunga escursione abbia già detto tutto, invece la Val Terzera mi riserva un'ultima sorpresa: il sentiero scende a lambire un profondo e selvaggio vallone, caratterizzato da altri salti del torrente, belli ma inavvicinabili. Dieci minuti dopo sbuco al ponticello della Madonna delle Nevi, la bellissima escursione è davvero terminata: Spike è sfinito, si accovaccia sotto la Pandina, sente odore di casa ma resta al mio fianco. Lo faccio salire a bordo e lo riaccompagno alla sua cuccia, l'Hotel Genzianella, glielo devo proprio: mi ha seguito ovunque senza lasciarsi scappare un lamento, una presenza costante e assolutamente discreta, non ha mai abbaiato, ha giocato con la neve, ha infilato la testa qualche volta nelle tane delle marmotte...Troppo forte Spike..!! Ciao mitico cagnolino: sei stato il compagno eccezionale di un'escursione indimenticabile..!!
BIVACCO ZAMBONI - PIZZO DEL VENTO - MONTE TARTANO
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BIVACCO ZAMBONI - PIZZO DEL VENTO - MONTE TARTANO
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VALLE ANCOGNO - VALLE RAISERE

Venerdì 1° Giugno 2012.
Giro a sinistra all'altezza di una santella molto antica, lascio la macchina in una zona picnic: "Marmitte dei Giganti" dice il cartello poco prima di Fornonuovo, vado a scoprire un angolo poco conosciuto della Valtorta. Una breve sterrata mi porta alla radura di Baita Ancogno, luogo molto bello e totalmente invisibile dalla vicina provinciale: un sentiero costeggia il prato e risale la valle tenendosi alto sul torrente, vado ad attraversarlo su uno spartano ponticello appena oltre un massiccio roccione. Serpentine faticose alternate a falsopiani mi portano ad una prima valletta con breve ed innocuo passaggio attrezzato con vecchia fune, poi nuovi strappi molto secchi salgono ad attraversare un altro paio di vallette, la pendenza si addolcisce e superati altri due canaletti rocciosi una ripida discesina scende al greto del torrente: quì una roccia liscia e scivolosa crea problemi, sono solo pochi metri ma il passaggino è infido, potrebbe rivelarsi alquanto difficoltoso in caso di terreno bagnato, occhio! Guado il torrente, che finalmente poco più avanti mette in scena il primo vero spettacolo: una bella cascatella con tanto di grotta incorporata, generata da un enorme macigno che ha ostruito l'alveo. Il sentierino la sfiora e divenuto più disagevole si inerpica a superare il profondo vallone alla mia sinistra, dove con estrema circospezione tento di affacciarmi per ammirare altri bei salti, ma la natura del terreno e la sua notevole esposizione rendono quest'operazione decisamente pericolosa..!! Superato questo primo gradino, riattraverso il torrente in corrispondenza di quella che si rivelerà l'unica marmitta visibile con facilità: vorrei provare a risalire il greto ma le difficoltà mi fanno presto desistere dal tentativo, riprendo perciò il sentiero, accontentandomi dove possibile di sporgermi verso il torrente che lascia intravedere altre belle pozze. Purtroppo le marmitte dei giganti si rivelano inaccessibili al semplice escursionista, troppo pericoloso tentare di avvicinarsi: ciò che viene concesso è davvero poca cosa, che peccato..!! Delusione ampiamente mitigata dall'aver già incrociato lungo il percorso almeno cinque o sei camosci, in cui ho la fortuna di imbattermi all'improvviso dietro le svolte del sentierino. Aiutato da una vecchia cartina topografica decido di proseguire ad oltranza sul sentierino per vedere dove va a finire, la valle si chiude dentro un invisibile forra che scavalco sulla sinistra grazie a tremende serpentine, tutto si addolcisce nei pressi di una piccola croce: aggirato un costolone la valle si apre un po' e appare una possente e nera parete rocciosa, sò che lassù negli inverni giusti si formano spettacolari cascate di ghiaccio.

VALLE ANCOGNO - VALLE RAISERE - FOTOGALLERY
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La valle ora cambia direzione e nome, piega verso ovest e diventa la Valle Raisere. Da quì in poi il cammino si fa più impegnativo, a sorpresa spuntano i classici paletti segnavia in legno, mi guidano nel vallone, salgo alla base di pareti che ospitano un fiore endemico delle Orobie: la bella Primula albenensis non è stata a tutt'oggi rinvenuta al di fuori dei confini provinciali, la sua casa è l'Alben ma è presente anche quì. Altri tratti ripidi conducono ad una pianeggiante valletta secca dove mi imbatto in una decina di camosci, scappano veloci in direzioni sicure: il mio sentierino praticamente svanisce nel bosco ed è soltanto grazie ai provvidenziali paletti che riesco a portarmi nella sovrastante conca della Baita Concoli. Attenzione, in discesa i paletti sono meno evidenti che in salita, in caso di brutto tempo e nebbie potrebbe essere difficoltoso orientarsi: nonostante avessi preso dei punti di riferimento, durante il ritorno sono riuscito a sbagliare strada un paio di volte! La conca si rivela molto selvatica e bella, trovare i paletti è quasi una caccia al tesoro, poco più sù spariscono e salgo a naso arrivando dritto alle baite: pur essendo di poco sotto la trafficata dorsale della Valtaleggio questo luogo emana un senso di riservatezza selvatica molto spiccato, un numeroso branco di camosci scappa al mio arrivo sottolineando questa mia sensazione. Decido di proseguire verso il Sodadura cercando appoggio nella preziosissima vecchia cartina topografica e risalito il pendio dietro la baita raggiungo la sommità di un dosso, devio a destra e assolutamente a naso percorro senza rilevanti difficoltà una prima zona pianeggiante, che si stende proprio alla base della costiera con la Valtaleggio: intercetto qualche traccia che si appoggia ad un ampio terrazzino e riesco così a spostarmi verso una baitella posta ai piedi del versante nord, sbuco piuttosto alto nella conca che la ospita e con breve discesina la raggiungo. Ho percorso tante volte il sentiero 101 sul crinale ma da lassù non ci si accorge minimamente della possibilità di effettuare questa traversata, nè tantomeno si intuisce la bellezza di questi luoghi che offrono una visuale strana di montagne conosciutissime come l'Aralalta e il Sodadura, quest'ultimo addirittura si trasforma in un irriconoscibile panettone! Con facile ed intuitiva salita mi porto sui pendii sovrastanti la baitella, sfioro due pozze e trovo un sentiero che mi deposita al Passo di Sodadura: ecco riapparire le consuete forme piramidali, eccomi agganciare il 101 e abbandonarlo subito per seguire fedelmente la dorsale, che passando dalla Baita Regina mi porta fino alla Bocchetta di Regadur.
VALLE ANCOGNO - VALLE RAISERE - FOTOGALLERY
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La stupenda e panoramicissima cavalcata fino alla bocchetta è il degno coronamento di un'escursione molto particolare: il sentierino dal fondovalle fino alla Baita Concoli sono sicuro che vede più camosci in un giorno che escursionisti in un intero anno, la successiva traversata verso il Sodadura significa inventarsi la strada passo dopo passo. Ho avuto la costante sensazione di essere sperduto in un angolo segreto delle Orobie..!! E' arrivato il momento di abbandonare le comodità di questa dorsale, prendo il sentiero che scende nel vallone in direzione delle baite, all'inizio sono tornantini evidenti ma attraversata la base della conca tutto sparisce: riconosco il dosso, raggiungo le baite appena li sotto, ricomincia la caccia ai paletti segnavia, mi rituffo non senza difficoltà nella selvatica Valle Ancogno. La luce del pomeriggio accende di colori più belli la valle e scenderla si rivela un impegno di tutto rispetto, dalle baite devo perdere circa novecento metri di dislivello ed il sentierino corre quasi per intero nel bosco, in molti tratti le tante foglie secche presenti al suolo non aiutano certo ad individuare il percorso: è un lungo giro adattissimo a chi cerca una montagna solitaria, che mi sento di consigliare solo ad escursionisti preparati e dotati di un sano spirito di avventura. Dovrebbe essere anche un bel giro da fare in autunno, ma io stesso sarei titubante nell'affrontarlo dopo che i boschi hanno perso le foglie, potrebbe essere molto difficoltoso individuare e percorrere il tracciato. Con la macchina ormai a due passi, l'ultimo bel colpo d'occhio me lo regala il pratone della Baita Ancogno, sò che è assurdo ma questa scenografia ha qualcosa alla Jurassik Park: in realtà la Valle Ancogno non nasconde dinosauri, semmai regala una gran quantità di camosci... Però quando ci entri ti avvolge un senso di mistero, la sensazione è di muoversi nel cuore di un mondo perduto, qualcosa che vivrà finchè ci saranno passi a calpestare un debole sentierino: oggi ho aggiunto i miei, la bella e solitaria Valle Ancogno aspetta i vostri.
VALLE ANCOGNO - VALLE RAISERE - FOTOGALLERY
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MONTE MAGNODENO E CRESTA DELLA GIUMENTA

Lunedì 14 Maggio 2012.

Per la prima volta in vita mimetto piede ad Erve, paese dei 21 ponticelli e dall'anima bergamasca, emigrata forzatamente qualche anno fa nella più vicina Lecco. Io, Fausto e Piero raggiungiamo la frazione Costalottiere, al suo termine delle frecce zizzaganti ci guidano a prendere un sentiero che sale a lungo immerso nel bosco e dopo un bel po' sbuchiamo finalmente in campo aperto, siamo su una selletta che ci regala la prima visuale sul seminascosto Resegone: ci incamminiamo ora su una lunga dorsale panoramica che dolcemente ci porta alla base dello strappo finale del Magnodeno, pochi minuti di ripida salita e la vetta è presto raggiunta. Una grande croce si affaccia ardita sulla sottostante Lecco, il colpo d'occhio è veramente notevole..!! A presidiare la vetta ci sono anche un rifugetto degli alpini e una piazzola per gli elicotteri, l'impressione è che questa piccola montagna sia ben frequentata: è la nostra prima tappa, si rivela un bel posticino, ma per noi è già ora di raggiungere la prossima meta.

MONTE MAGNODENO E CRESTA DELLA GIUMENTA - FOTOGALLERY
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La seconda tappa avrà termine al passo del Fòo, ci avviamo sulla lunga cresta verso nord con l'intenzione di percorrerla integralmente, canalini attrezzati compresi: la partenza è tutt'altro che tremenda, un breve passaggio di roccette scende l'ampia dorsale verso un bel betulleto, poi pascoli magri e tratti boscosi ci portano ad una fresca sorgente, dove troviamo la deviazione per le creste. Comincia la nostra avventura sulla Cresta della Giumenta: la prima parte è tutt'altro che difficile, poi si dispiega una bellissima cavalcata che con andamento altalenante sale al culmine di un grande dosso dove è posizionata la Croce della Giumenta. Affrontiamo tratti pianeggianti e crestine aeree, ci abbassiamo in ripide discesine e ci arrampichiamo dentro brevi canalini, il tutto splendidamente immerso in panorami grandiosi e il tutto quasi costantemente accompagnati dalla presenza di catene. Parecchi passaggi si possono tranquillamente affrontare senza ricorrere al loro aiuto e francamente ritengo tutto questo spiegamento di metallo un po' eccessivo: una spiegazione plausibile potrebbe essere quella di una frequentazione invernale della cresta. Vinto un ultimo canalino si sbuca direttamente alla piccola croce, anche lei posizionata in un punto decisamente panoramico: ora arriva il tratto più impegnativo della tappa, scendiamo ad una forcella che ci traghetta verso una crestina tormentata. Volendo la si può evitare prendendo un sentierino verso destra che la taglia alla base, ma sarebbe un peccato, in fin dei conti questo tratto particolarmente aereo si risolve con un canalino di una decina di metri di dislivello ampiamente "incatenato": è il passaggino più difficile dell'intera escursione, bisogna tirarsi sù con forza di braccia, gli appigli comunque non mancano e se avete braccia e gambe lunghe partite decisamente avvantaggiati. Si tratta comunque di difficoltà tutt'altro che impervie, adatte però a chi non non si impressiona facilmente per un po' di pendii scoscesi sotto i piedi: impressionante semmai è la magnifica visuale sulla sottostante Lecco, che ammiriamo per l'ultima volta alla bianca cappelletta sopra il passo del Fòo.
MONTE MAGNODENO E CRESTA DELLA GIUMENTA - FOTOGALLERY
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La cavalcata termina quì, ora scendiamo alla Capanna Alpinisti Monzesi dove prendiamo il sentiero per Erve: durante la discesa giunti ad un bivio scegliamo la variante facile, che si rivela un bellissimo percorso immerso nel bosco. Trotterelliamo giù dalla valle attraversando e costeggiando torrentelli ricchi di spumeggianti cascatelle, per poi sostare nella bella area della Sorgente San Carlo: posticino veramente incantevole che precede il nostro arrivo nel fondovalle, dove una facile sterrata costeggia a lungo il Gallavesa. Anche questo tratto si rivela quantomai suggestivo, un continuo susseguirsi di saltelli e cascatelle che ci accompagnano fino alle case di Erve: non ci resta che attraversare per intero il lungo paesello, che concentra le sue viuzze più antiche nei pressi della chiesa. A ragione veduta è meglio parcheggiare proprio nella piazzetta sotto la chiesa e cominciare l'escursione salendo a piedi verso Costalottiere: farlo a fine escursione può risultare piuttosto faticoso. Lunga e gratificante escursione ricca di ambienti diversi, permette di scoprire una zona poco conosciuta dai bergamaschi. Nonostante la quota modesta Erve e la sua vallata offrono la sensazione di trovarsi già in alta montagna, che quassù risponde al nome di Resegone: anche oggi le sue infinite pendici ci hanno svelato nuovi e bellissimi sentieri. Erve: davvero una sorpresa...
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MONTE ALTO

Giovedì 10 Maggio 2012.
Maggio dei maggiolini, ne incontro uno bello grosso mentre muovo il primo passo: sono a Onore, ho appena lasciato l'auto nel parcheggio in fondo a Via Chiesa. Attraverso il letto completamente asciutto del torrente Righenzolo e prendo la stradina cementata Via Borgo Canai - Falecchio, salgo in abetaie sfiorando bellissime baite e raggiunto un bivio prendo il sentiero selciato centrale: in breve arrivo nei panoramici prati di Falecchio, con ottima visuale sulla conca di Castione e la sua Presolana. Percorro una lunga galleria naturale e arrivo ad un quadrivio di sterrate, scendo qualche metro e vado a prendere quella dritta davanti a me: taglia il versante della montagna, poco oltre intercetto il segnavia CAI 556, sentiero proveniente da Songavazzo. Per un po' la pendenza è dolce, attraverso una valletta presidiata da una cappelletta con Madonnina: la sterrata ora diventa cemento ripido, ad un bivio dentro bella pineta prendo a sinistra e dopo dieci minuti sbuco nei prati di Camasone. La strada si spiana e diventa molto fangosa, poi ricomincio a salire lentamente superando il sentiero per Bossico: dopo aver sfiorato un casello nel bosco, scendo sul pianeggiante crinale del Colle della Sfessa, ora la sterrata mi costringe ad affrontare micidiali strappi cementati dentro una bella pineta. Sbuco all'improvviso nella radura di "Prat del Moro", con capanno in fondo al prato e bella baita in cima: bellissimo il colpo d'occhio sulla Presolana, mi ripaga di ogni fatica. La sterrata termina, quello che temevo si materializza sotto i miei scarponi: il tracciato è purtroppo ampiamente rovinato dal passaggio delle moto, quello che sto percorrendo non può essere definito sentiero. La salita non è ripida, poco dopo sbuco ad una forcella e mi si spalanca di colpo una bellissima visuale sul Lago d'Iseo, un cartello mi informa di essere sul Monte Torrione: la cima è il cupolone che vedo alla mia destra e lo risalgo in pochi minuti, un piccolo omino di sassi si gode la bella visuale di lassù. Ridisceso alla forcella raggiungo il panoramico pratone di una baita, inizia una sterrata piuttosto ripida e scendo ad un pianeggiante bivio, dove prendo a sinistra: iniziano i bellissimi prati che culminano nella chiesina di San Fermo, luogo che merita sicuramente una visita.

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Ora prendo la sterrata di sinistra, segnavia 555, che con lungo andamento pianeggiante nel bosco porta fino alla località Colle della Volpe e quì termina: proseguo la salita in campo più aperto, il sentiero è massacrato, il cammino annaspa. Una piccola selletta mi catapulta di nuovo nella pineta, quì è necessario prestare particolare attenzione: facilissimo sbagliare e prendere l'evidente sentiero creato dalle moto che sale a sinistra, il sentiero giusto prosegue dritto in leggera discesa davanti a me, segnalato da un piccolo cartello piazzato su un albero una decina di metri più avanti. La pineta che ora attaverso è spettrale, decine e decine di alberi schiantati dal bostrico: con andamento altalenante raggiungo infine il boscoso valico del Forcellino, dove comincia la mia risalita verso la baita Ramello del Nedi. Dalla baita vedo il Rifugio Magnolini, penose ferite aperte devastano il pascolo, arrivo al rifugio con l'amarezza nel cuore: il sorriso torna quando raggiungo la vicina e dolce vetta del Monte Alto, gli ariosi panorami si aprono su orizzonti che vanno dal Lago d'Iseo alla regina Presolana, dalla Valle Camonica alla piana di Clusone. Tornerò quassù in una giornata più limpida, ne vale sicuramente la pena, ma ci penserò due volte prima di ripetere questo percorso: è molto molto lungo, i chilometri sono parecchi..!! Decido perciò di accorciare la discesa, tornato al Forcellino prendo il sentiero 557 che scende direttamente verso Onore: il tracciato si rivela una vera e propria trincea, è mortificante camminarci dentro, una delle cose peggiori che abbia mai visto sulle Orobie..!!!
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Dopo parecchio penare fuoriesco nel fondo della Valle di Frucc e mi ritrovo a camminare per parecchie centinaia di metri letteralmente nel letto alluvionale del torrente: strana sensazione camminarci dentro, l'ambiente potrebbe anche risultare suggestivo, ma la sensazione è quella di sentirsi in trappola e il cammino non è per niente agevole, tutt'altro..!! A rincuorarmi ci pensa il bell'affresco di una cascina, molto più avanti sfioro la baita con cappella dedicata a San Antonio. Da quì in poi la discesa diventa finalmente rilassante, si rientra nel bosco della Val Righenzolo e la si percorre per circa tre chilometri su sterrata o prendendo le deviazioni del percorso vita. Un rumore di macchinari preannuncia l'imminente arrivo nella zona della cava, sono in località Pramezza, sfioro il centro servizi della pista di sci nordico: dal piazzale prendo direttamente il largo letto asciutto del torrente, utilizzato come vera e propria strada. Dopo un altro chilometro abbondante di cammino ritrovo il parcheggio di partenza: lunghissima ed estenuante anche la discesa, alla faccia della scorciatoia! Giro veramente molto lungo, infinito: a parte la frequentata zona del Magnolini, sono andato a visitare luoghi sicuramente poco conosciuti dal grande popolo degli escursionisti. Luoghi in grado di regalare angoli ed ambienti molto belli, nonchè grandi vedute panoramiche: su tutte voglio conservare quelle favolose sulla Presolana, da queste alture la si può ammirare in tutto il suo splendore. Ma purtroppo anche luoghi molto ricchi di sterrate, luoghi dove non esistono sentieri ed elevazioni immuni dallo sfregio delle motocross: un vero e proprio sacrilegio, questi posti meriterebbero maggior rispetto..!
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CORNAGERA (e MONTE POIETO)

Lunedì 7 Maggio 2012. Il cartello del parcheggio di Cantul mica me lo dice che sto per vedere un gioiello delle Orobie, seguo l'indicazione Cornagera e mi avvio su una scalinata che bruscamente si interrompe: proseguo su ripido terreno scivoloso e sbuco subito sul sentiero vero e proprio, trotterello in salita per una quindicina di minuti boscosi, senza grandi scorci panoramici. Poi il bosco apre il sipario, le torri della Cornagera si stagliano all'improvviso al culmine di un macereto: l'ambiente cambia pelle, le foglie verdi si trasformano in rocce chiare. Salgo al loro cospetto consapevole di trovarmi in una famosa palestra d'arrampicata, ma quando arrivo a toccare la loro verticalità mi rendo conto che anche un semplice escursionista non può che restarne affascinato, quì il mondo sale dritto verso il cielo..!! I miei scarponi girano e rigirano intorno a queste torri, la fotocamera trova gli scatti che voleva: dopo mezz'ora mi incammino verso la vetta già ampiamente appagato, che bella la Cornagera!

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Riprendo il sentiero alle spalle delle colonne calcaree, faccio solo due o tre passi: davanti a me si apre la fantastica valletta della Cornagera, resto come folgorato..!! Una valle sospesa tra ghiaioni e pareti, tra guglie e pinnacoli: il sentiero si fa strada tra cespugli e rododendri, sale e scende con visuali che cambiano nello spazio di pochi passi. Lo scenario si apre e si chiude in continuazione, meandri e vallette si staccano dal solco principale: un affascinante e suggestivo girone dantesco, quanto sarebbe bello giocare a nascondino quassù..!! Un cartello mi richiama all'ordine indicandomi la deviazione per la vetta, giro a sinistra e qualche facile roccetta mi consente di raggiungere la cresta: con andamento non banale il sentiero porta in pochi minuti alla vetta della Cornagera, con Madonnina e piccola croce. Scopro così che questa piccola montagna offre anche un bel panorama, che doverosamente non esito ad immortalare: bello salire alla Cornagera, davvero bello..!!
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E adesso via verso il Poieto, ridiscendo fino al bivio e prendo il sentiero che passa dal "Buco Carolina": mi affaccio all'inizio del pertugio con la netta sensazione che la montagna stia per inghiottirmi..!! Incredile questo passaggio, mai avevo visto una cosa del genere: la montagna si spacca in due, il coltello del Creatore l'ha tagliata quei pochi centimetri necessari a consentire il passaggio di una persona. Straordinario e divertentissimo..!! Troppo bello..!! Piccola e fantastica Cornagera, tormentato giardino di calcare: sul viso mi si stampa un'espressione felice che mi accompagna fin sulla vicina vetta del Poieto, montagna "urbanizzata" ma dispensatrice di un arioso panorama. Poieto e Cornagera, due mondi totalmente opposti: acqua cheta il primo, allegramente frizzante l'altra. E proprio quest'ultima fila dritta dritta nella mia personale Top Ten delle dieci piccole vette più belle delle Orobie: sento odor di podio, la stralunata valletta che custodisce è un gioiello naturale di prima categoria..!! .
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RONCALLI - MADONNINA DEI CANTI

Giovedì 3 Maggio 2012.
Amabile Valtaleggio: mi allaccio gli scarponi, totalmente ignaro dello stupendo regalo che mi sta per fare. Messa a cuccia la macchina, mi avvio sulla sterrata che si stacca a destra poco oltre il Ponte della Lavina (direzione Peghera): un chiaro cartello indicatore mi informa su luoghi e tempi, non mi aspettavo che questo itinerario fosse bollato. Gli scarponi si avviano docili nel bosco, tirano dritto ad un bivio, sbucano in breve nei prati di Roncalli e quì si impiantano: la fotocamera proclama continui stop, panorama e spunti non mancano. Sono partito tardi, la avverto che voglio arrivare ai Canti e tornar giù prima dei preannunciati temporali pomeridiani, non la lascerò tergiversare. Sfilo davanti una cappelletta e rientro nel bosco, ritrovandomi a passare in una piccola e bella pineta di rimboschimento che propone qualche metro pianeggiante, poi un paio di tornantini annunciano un deciso cambio di pendenza della sterrata: salgo in una zona in via di disboscamento in località Teggia e uno strappo decisamente cattivello mi porta al cospetto di una malmessa tribulina, dove vale la pena sostare un attimo per decifrarne la curiosa frase. Giro un costolone che consente di rifiatare ed arrivo ad un bivio, gli scarponi girano a sinistra e prendono a salire con ritmata regolarità duecento metri di disvlivello costituiti da una serie di curvoni e tornantoni che non scendono mai su pendenze banali, ma per mia fortuna non sconfinano neppure in quelle crudeli, seppur siano presenti ripidi tratti cementati. Un'ampia curva pianeggiante con adiacente capanno preannuncia l'imminente sfociare in un vasto prato panoramico, la fotocamera riprende a macinare foto e con ritmo tranquillo mi porto nei pressi di una stagno.

RONCALLI - MADONNINA DEI CANTI - FOTOGALLERY
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Due ciliegi attirano la mia attenzione, raggiungo il loro lieve dosso e vengo centrato in pieno e senza anestesia da una ceffone che mi blocca il respiro, gli occhi si spalancano increduli: davanti a me si stende Piazzoli, verdissimo angolo di paradiso ricamato da cascine e ciliegi fioriti..!! E la prima volta che la montagna mi fa questo stupendo regalo primaverile, dal pacco dono salta fuori anche un bellissimo lariceto: stavolta sono io a dire stop, mi godo questo magnifico spettacolo girovagando per un'ora senza meta precisa, solo la curiosità a muovere i passi. Che bello questo posto, che bello..!! Mannaggia a me, dovevo partire prima, me lo sarei goduto di più: grossi nuvoloni mi lanciano la sfida, è quasi mezzogiorno quando abbandono Piazzoli, il pomeriggio incombe, i temporali pure. Riaggancio la sterrata in cima ai prati, rientro nel bosco e poco sopra trovo il paletto che mi indirizza sulla mulattiera per la Bocca del Grassello: il sentiero, come tutto il percorso fin quì fatto, è ottimamente segnalato da bolli e paletti ben evidenti, un plauso a chi ha provveduto a fornirci questa comodità. Il sentiero è agevole, bello e non faticoso e mi regala l'incontro ravvicinato con due caprioli: dopo venti minuti arrivo senza patemi al valico, non mi resta che prendere a sinistra il sentiero CAI 571 per la vetta dei Canti, altri venti minuti e rivolgo il mio grazie al cospetto della Madonnina. Sempre bello il panorama dai Canti, ma non posso indugiare troppo, scatti fotografici e pausa mensa vanno in sincronia: le nuvole stanno per aprire i rubinetti, mezzoretta di sosta e scappo via a malincuore.
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L'acquazzone mi accompagna dal Grassello fino a Piazzoli, trovo riparo sotto una tettoia, un camoscio pascola guardingo: aspetto. La mia attesa viene premiata: una stupenda sciabolata di sole illumina per pochi secondi Piazzoli, cascine prati e ciliegi si stagliano radiosi sullo sfondo di montagne e nuvole annerite dal temporale. Questo fugage momento vale da solo l'intera escursione, valeva la pena esserci ed io ero proprio lì, in compagnia di un camoscio: che emozione..!! Uno dei momenti più belli che la montagna mi abbia mai regalato..!! Ma le sorprese non sono finite, sfrutto la pausa asciutta e mi dirigo verso un vicino cascinale, in una zona che la mattina non avevo perlustrato: giro l'angolo della casa e vedo i sederini bianchi di cinque caprioli che spaventatissimi scappano come fulmini nel fitto del bosco, erano solo ad una ventina di metri di distanza..!! E durante il ritorno a Roncalli vengo attratto dall'inconfondibile scrosciare di un torrentello, scoprendo una zona di cascatelle immerse nel bosco: quante belle sorprese oggi..!! Ora che ho scoperto questa zona già mi pregusto le prossime uscite quassù: se l'istinto non mi tradisce spero di beccare Piazzoli nella sua migliore veste autunnale, sono sicuro sia alla pari o ancor più bella di questa primaverile. Ottobre aspettami..!! Amabile Valtaleggio: mi tolgo gli scarponi, totalmente consapevole dello stupendo regalo che mi hai appena fatto...E di quelli che mi farai..!!
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CORNO ZUCCONE

Venerdì 30 Marzo 2012.
Eccomi in Valtaleggio per salire la sua montagna più piccola e misconosciuta, il Corno Zuccone: parcheggio la macchina davanti la bella fontana lavatoio dell'ariosa Reggetto, minuscola frazione di Vedeseta. Trovo un piccolo cartello con l'indicazione Madonna delle Cime, cerco il segnavia 152 del CAI e mi rendo immediatamente conto che dovrò lottare con una segnaletica alquanto malconcia: risalgo la stradetta dietro la fontana arrivando subito ad una vasca datata 1700, la bollatura è disastrata, giro a sinistra aiutato anche da una freccia blu. Pochi passi di sterrata e devio a destra su un sentiero che si sdoppia all'istante, pur prestando attenzione ai bolli sui tronchi degli alberi riesco ad ingarbugliarmi leggermente per via delle tracce che si staccano da quella principale: si raggiunge comunque la baita appena sopra, affacciata su prati verdissimi e con bella vista sull'accoppiata Cancervo Venturosa. Piego a sinistra sbucando poco dopo in un pascolo, compare il Resegone: quì bisogna proprio fare molta attenzione poichè la traccia gira bruscamente a destra, risale il bordo del prato in cui tende a sparire. I bolli sono disegnati su dei sassi rasoterra, talmente poco evidenti che arrivato in cima al prato tiro dritto su un invitante sentiero, per fortuna mi accorgo subito dell'errore: la traccia giusta compie invece una curva verso sinistra, restando proprio ai limiti del prato. Questo primo tratto è davvero ultra bisognoso di ribollatura, per fortuna da quì in avanti la situazione migliora: entro nel bosco e i segnavia diventano nettamente più evidenti, compaiono anche numerosi bolli verdi, menomale..!!

Corno Zuccone - FOTOGALLERY
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Il sentiero risale a lungo una specie di valletta, tendendo a spostarsi leggermente e costantemente verso sinistra, direzione che viene presa in maniera radicale dopo aver superato una zona con alcuni grossi macigni. Resto alquanto sorpreso, avevo consultato il Portale Geografico del CAI di Bergamo, dove è scritto che il sentiero sale dapprima il versante est e poi quello nord della montagna, io invece stò risalendo quello sud e tendo a spostarmi verso quello ovest: Boh..!! Che stia sbagliando direzione..?? Assolutamente no, dopo un po' ecco su un faggio apparire chiarissima una freccia targata 152 che mi fa abbandonare il comodo sentiero fin quì seguito: sterzo bruscamente verso destra e fuoriesco all'istante dal bosco, proprio dirimpetto le scoscese pareti del Corno Zuccone. Il sentierino si impenna con decisione, mi ritrovo a risalire verso destra delle ripide balze erbose e con un po' di fatica arrivo ad un piccolo colletto con dosso panoramico adiacente. Pensavo fosse arrivato il momento di scollinare, inoltrarmi sul versante est e poi salire in vetta da quello nord, invece il sentiero piega a sinistra e si mette a risalire la dorsale: dopo pochissimi minuti mi ritrovo faccia a faccia con la Madonna delle Cime, sono in vetta e neanche ho capito il perchè..!!
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Faccio subito una considerazione: in tutta onestà il CAI, riguardo questo sentiero, si merita una tiratina d'orecchie..!! Assolutamente fuorviante ed inesatta la descrizione del sentiero presente nel geoportale, bollatura che nel primo tratto ha assolutamente necessità di essere rinfrescata: proverò ad avvisarli. Ed eccomi così sul Corno Zuccone, custodito da questa particolare scultura bianca e azzurra di cui faccio mia la preghiera del basamento: mi accorgo che la Madonna delle Cime, adagiata a quota 1458 metri, può vedere tutte le montagne che coronano la Valtaleggio, nessuna esclusa. Può posare lo sguardo anche sul Monte Rosa e su uno spicchio di Cervino, la intuisco ben consapevole anche di tutte le altre vette minori che abbelliscono gli orizzonti. Però..!! Niente male il panorama, davvero niente male..!! Madonna vestita di azzurro: verrò ancora a trovarti, perchè questo Corno Zuccone merita..!! A parte i problemi di orientamento nella parte iniziale, l'escursione è tutto sommato facile e "veloce" in quanto la pendenza diventa cattivella solo nella parte finale e gambe allenate possono arrivare alla meta in un'oretta o pochi spiccioli in più: questa è una di quelle vette "Toccata e fuga" adattissima a chi ha poco tempo a disposizione, perfetta anche per una scappatella pomeridiana. Ma si può tranquillamente restare lassù quanto si vuole, la Madonna sarà ben felice di condividere con noi il suo bel panorama..!! Già mi vedo sgambettare lassù in un bel frammento d'ottobre e di boschi colorati....
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LINZONE - GIRO AD ANELLO DALLA CANALE -

Giovedì 15 Marzo 2012.
E' ancora Linzone, ma non è il solito Linzone: mai mi sarei aspettato potesse stupirmi così..!! Oltrepasso il centro di Roncola e lascio la macchina nel parcheggio del "Parco avventura", zona La Canale: mi avvio a destra su una sterrata erbosa chiusa da una catena, che sale nel prato a raggiungere una vicina e brutta costruzione. Per fortuna il paesaggio è già alquanto bello, sopra la mia testa spicca la zona della Corna Marcia, mentre ai miei piedi spiccano dei verdissimi segnavia che verranno quanto mai utili. Salgo sulla spianata retrostante la costruzione, dove un cartello di proprietà privata sorveglia un bel sentiero che mi porta a tagliare obliquamente verso destra il pendio: raggiungo quasi subito un capanno di caccia, poi mi infilo in un boschetto con pendenza un po' più sostenuta e ne esco poco dopo per sfiorare una cancellata dove ha inizio una specie di sterrata verde, che disegnando un tornante al bordo dei vasti prati sale a toccare una fontana. Ecco una panchina ed il totem che mi informa di essere a Curtafè, verifico con piacere che anche questo sentiero è bello panoramico, riprendo a salire inseguendo i bolli verdi e fatti pochi metri arriva la sonora sberla: all'improvviso si apre la vista sul Ronco, per un attimo resto a bocca aperta...Che bello..!! Credetemi, la foto non rende giustizia alla bellezza del luogo..!! I preziosi bolli verdi risalgono il pendio che ora diventa un pochino più boscoso, ripido ma non faticoso, li seguo scrupolosamente tra belle fioriture e mi ritrovo in un piccolo vallone dove compare un'inaspettata chiazza di neve: già non capisco niente per conto mio, lo sciatore che c'è in me và in estasi..!! Dopo essermi divertito a dovere riprendo la mulattiera che ora si sposta con decisione verso sinistra e costeggiando un muretto a secco mi traghetta senza problemi al totem della Cascina Cat, dove aggancio il frequentatissimo sentiero che sale dal cimitero della Roncola. L'anno scorso avevo comprato una carta topografica della Ingenia Cartoguide che riporta i sentieri di questa fetta della Valle Imagna, se non fosse stato per lei mai avrei sospettato che esistesse questo sentiero dei bolli verdi, la curiosità mi ha spinto quassù a verificare di persona: bello, bello e ancora bello..!! Piccola precisazione: qualche bivio quì e là appare, ma basta aguzzare la vista e i bolli verdi saltano fuori senza problemi. Questa cartina ne riporta parecchi di sentieri, è un attimo, la scintilla si incendia: decido di andare a verificarne un'altro, devo raggiungere Valcava.

LINZONE - GIRO AD ANELLO DALLA CANALE - FOTOGALLERY
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Il tratto tra la Cascina Cat e il Linzone lo conosco ormai a memoria, è bellezza allo stato puro. Il basamento della croce diventa il mio spartano tavolo da pranzo. La foschia mi suggerisce di non lanciarmi nelle consuete zoommate alle vette orobiche, preferisco dirigermi subito verso Valcava, ma userò un tracciato poco conosciuto: ovviamente si può seguire il percorso classico, ma la variante che propongo, anche se non bellissima, permette di passare a debita distanza dalle famosissime antenne del crinale e di raggiungere il Passo di Valcava praticamente in piano. Perciò, anche se non necessario, faccio un saltino a visitare le sottostanti cascine che sono posizionate in un angolino davvero bello, poi prendo il sentiero che sale nel prato verso la vecchia cascina sul crinale (dove si arriva in cinque minuti di discesa, direttamente dalla vetta del Linzone): proprio di fianco alla cascina prendo un sentiero in piano che si intrufola nella faggeta, poi attraverso prati con betulle, ad un bivio mi tengo sul tracciato basso e punto dritto ad una rete metallica che sembra sbarrare il cammino. Invece un ampio varco permette di proseguire oltre sorvolando la zona della cave, arrivo ad un cartello segnavia per il Santuario del Linzone: qui appaiono in tutta la loro inquietante mole le gigantesche antenne di Valcava, ma il sentiero rimane almeno a 150-200 metri di distanza da loro e và a prendere una piccola sterrata che scende in breve ad immettersi in quella larghissima che collega Valcava alle cave. La strada fila via pianeggiante tra prati e bosco, sorvola Valcava e dopo una decina di minuti si sbuca sull'asfalto a 100 metri dal Passo di Valcava, che in un attimo è bello e raggiunto. Ora bisogna scollinare e scendere un paio di tornanti fino a Cà Teresa, il primo centro abitato che si incontra in direzione Costa Valle Imagna. I miei scarponi si divertono un mondo a tagliar fuori il primo tornante inventandosi scorciatoie giù per il prato, poi diligentemente seguo la strada: è un giorno feriale di traffico scarsissimo, incrocio una manciata di ciclisti e una sola automobile, per dei bei minuti cammino solo soletto al centro della strada. ..
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Appena arrivo alle prime case della frazioncina mi imbatto subito nel cartello segnaletico per Roncola alta, eccolo quì l'altro sentiero che volevo esplorare..!! Svolto a destra e mi ritrovo a percorrere una mulattiera che per centinaia di metri si snoda pianeggiante nella trincea di muretti a secco: bellissimo..!! Sfiorati tre capanni vado a raggiungere una bella cascina, dove butto lo sguardo sui prati in direzione della località Sclapa: il Linzone mi stà regalando angoli che neppure immagnavo esistessero, questo pratone è un'altro emozionante regalo. Lo attraverso e girata una costa mi ritrovo nel bel mezzo dell'ennesimo capanno in localita Sclapa, appena oltre ecco una sorgente assetata di pioggia: rientro nel bosco, dove comincia una bella e tranquilla discesa che viaggia quasi ai piedi di inaspettate pareti e roccette celate tra gli alberi. La discesa non accenna neanche per un solo metro a diventare ripida ed arrivo alla fine del bosco, che si spalanca su una sottostante cascina con laghetto: immediata sterzata a sinistra, scendo senza sentiero direttamente per prati, con davvero minima difficoltà. Arrivo così in località Piazzola, una curiosa cascina con capanno incorporato, uno stagno e tantissime betulle: altro splendido angolino di questo meraviglioso Linzone. Percorro per qualche metro la sterrata di fronte alla baita ma la abbandono quasi immediatamente, appena si profila davanti a me un nuovo tratto di mulattiera in trincea: si infila pianeggiante tra i bellissimi betulleti della zona ed arrivo su una sterrata con cartello indicatore, di fronte ad una casa arancione. Ora attenzione: salgo la sterrata verso destra e dopo 20 metri arrivo su una spianata che gira a sinistra, mi tengo al bordo di un tratto rifatto a pascolo: guardando davanti a me posso facilmente individuare la vecchia mulattiera in trincea che questo nuovo pascolo ha cancellato e in un attimo la aggancio. Eccomi sbucare davanti al maestoso gigante buono del Ronco, un bellissimo faggio che non mi stupirei se fosse untracentenario: avevo ammirato questo luogo da Curtafè, visto in presa diretta è tutto ancor più favoloso, mega cascina compresa..!! Ora seguo la stradina in discesa, un tornante nel bosco e sbuco sulla stradetta principale che seguo verso sinistra, senza lasciarmi tentare dalle due strisce cementate che filano giù nel prato. Seguo la stradina fino al punto in cui transito tra due piccoli pali di ferro che probabilmente sostenevano una sbarra, e sterzo repentinamente a destra: mi ritrovo su una splendida e breve mulattiera in trincea, in parte ancora acciottolata. Mi raccomando, cercatela con cura, non sbagliate proprio adesso..!! La mulattiera è un gioiello che porta dritto dritto nel cuore vecchio di Roncola alta, dove percorro un centinaio di metri di strada asfaltata: alla prima curva tiro dritto, sotto i miei piedi l'acciottolato antico e bello che conduce alla sorgente La Canale. Buonissima questa acqua, gradito regalo di un'escursione ormai al termine: scendo sulla provinciale sottostante e la attraverso, sfilo davanti al Parco Avventura e salgo lo strappettino del parcheggio, adesso è finita davvero: quando stamattina ho mosso il primo passo di questa escursione non immaginavo certo che il Linzone mi avrebbe regalato così tanto..!! Escursione che consiglio spassionatamente a tutti..!! Sono passato tantissime volte sotto questo versante, tantissime, e mai mi era venuto il sospetto che potesse accogliere posti tanto belli: ci ha messo lo zampino una cartina, ci ho messo la mia curiosità...Ma soprattutto Qualcuno ci ha messo a disposizione questa piccola, insostituibile montagna: a volte il Linzone non è il solito Linzone..
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SORGENTE BOIONE ( Quattro passi sopra San Pellegrino Terme...)

Mercoledì, 7 Marzo 2012.
Il programma originale prevedeva: a piedi da San Pellegrino ad Alino per poi andarmene a passeggio sul Molinasco: quanto è stato bello mandare all'aria tutto per godersi un'imprevedibile sorpresa di metà escursione..!! Parto di fianco al Casinò, una gradinata si inerpica a sfiorare un piccolo parco, portandosi poi a ridosso del sedime dove viaggiava la funicolare per la Vetta, pensavo di ritrovarmi su una vecchia mulattiera magari anche malmessa ed invece il tracciato, chiaramente ristrutturato di recente, si lascia percorrere con gran piacere: la pendenza è sostenuta e risulta quanto mai gradito il tratto successivo decisamente più pianeggiante che si infila per un pezzetto nel bosco. Sbuco su un piatto rettilineo selciato che mi catapulta nella San Pellegrino che fu, mi trovo dirimpetto al decadente ex ristorante Paradiso, aggirato il quale comincia la lunga gradinata che sale fino ad Aplecchio: palesemente nuova e zizzagante oddissea di gradini in mezzo ai prati che confesso mi piace non poco. Eccomi nella piccola Aplecchio, dove però non trovo nessuna indicazione per Alino: per fortuna una gentile signora mi indirizza verso un recinto di asini che raggiungo in breve attraversando la minuscola frazione.

SORGENTE BOIONE - FOTOGALLERY
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Proprio da lì, chiusa da una sbarra verde, parte una ripida stradina cementata e dopo circa 300 metri arrivo al bacino di un acquedotto: scollino e di botto cambia tutto, entro in una valle boscosa dove si fa sentire la voce di un torrente, molto più in basso e per ora invisibile. Seppur tagliata su un pendio ripido, la stradina è alquanto rilassante e con lungo fare sinuoso si abbassa di pochissimi metri fino ad affiancarsi al torrentello: quando compare alla mia vista non capisco più niente..!! Una serie di piccoli saltelli mi fanno prendere all'istante la decisione di seguirlo nella sua discesa verso valle: aiutato da evanescenti tracce mi infilo in tutti i passaggi possibili ed immaginabili per raggiungere cascatelle e saltini corredati da pozze cristalline, nelle foto di questo servizio ne propongo solo una parte. Interrompo l'esplorazione solo quando il terreno si fà più delicato, quindi inevitabile dietrofront per tornare sulla stradina nel punto esatto in cui l'avevo abbandonata. Sterrata che con andamento mai faticoso si mantiene sempre alla sinistra del torrentello, passando ai bordi di piccole pinetine di rimboschimento e sfiorando a più riprese altre belle cascatelle e pozze: figurarsi se mi tiravo indietro..!! Anche in questo tratto i miei scarponi sbandano in continuazione per scendere a rinfrescare la suola nelle limpide acque del grosso ruscello: poi ecco apparire il ponticello della mulattiera per Alino, dovrei attraversarlo per continuare l'escursione programmata...Ma decido di mandare all'aria tutto, mi dispiace troppo abbandonare questa valle, perciò proseguo sulla sterrata raggiungendo in un amen il bacino di raccolta della Sorgente Boione. Quì mi fermo a lungo, troppo bella la pozza sottostante dove confluiscono alcune cascatelle, ci faccio addirittura pausa mensa: la San Pellegrino, Aplecchio, Sorgente Boione può essere considerata una bellissima camminata adatta a tutti, che bello averla scoperta così per caso..!! Gambe allenate e buon fiato vi saranno grandi alleati nel primo tratto, ma questo percorso lo consiglio vivamente anche a chi dopo due gradini viaggia con la lingua di fuori, basta solo prenderla con calma. Se quì e là (e con le duvute attenzioni..!) riuscite ad avvicinarvi alle cascatelle meglio ancora: quì chiudo ufficialmente la descrizione relativa alla camminata, fine del primo capitolo. Ma io non resisto e proseguo ad oltranza la mia esplorazione della valle: attenzione, questo secondo capitolo è un di più che richiede nella prima parte parecchio spirito di avventura..!! Attraversato il torrentello sul passaggio cementato, svolto subito a sinistra su facile sentiero arrivando così con pochi passi ad un'altra bellissima pozza, poi nuovo tratto di sentiero e altra sinuosa cascatella: ora però la musica cambia totalmente, individuo uno stretto sentierino che sale a destra per attraversare una valletta secca, poi si spiana verso sinistra tenedosi alto sopra il torrente.
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La traccia comunque c'è e probabilmente in tempi lontani era pure frequentata, passo sopra un'alta cascata e senza particolari difficoltà arrivo ad un guado: la traccia ora si inerpica alquanto ruspante sul versante di fronte, tra ripidi pendii selvatici. La vegetazione acerba agevola il mio cammino, probabilmente in estate le difficoltà aumentano parecchio, ma mi intrufolo su questo semi - sentierino perchè poco più in alto dovrei incrociare una mulattiera: una mia vecchia carta topografica la riporta chiaramente e difatti una manciata di minuti dopo la aggangio nel bosco, chiudendo così la parte più avventurosa dell'escursione. Come in precedenti occasioni la mia lunga esperienza da fungaiolo mi ha aiutato non poco a destreggiarmi in questo tratto, sicuramente non difficilissimo ma nemmeno percorribile con facilità: chi ha paura di perdersi lasci perdere..!! Decido di seguire l'ampia mulattiera verso sinistra, oltrepasso una vicina cascina e dopo breve percorso sbuco sulla sterrata che sale a Sussia: visto che sono relativamente vicino decido di andare a fare una visitina, 20 minuti dopo sono alla chiesa dedicata a San Michele. E' ora di tornare a valle e stavolta me la prendo comoda, seguo fedelmente la sterrata fino a quando arrivo alla selletta della Cappella Madrera, altra piacevole sorpresa: a sinistra scende un sentiero bollato di giallo che vado a prendere solo dopo essermi concesso la breve divagazione di percorrere il crinale della piccola e panoramica collinetta alle spalle della tribulina. Riagganciato il sentiero giallo scendo nel bosco alle case più alte della Vetta e seguendo la strada asfaltata raggiungo la chiesa, poi la stazione della funicolare e su invito di un bel cartello azzurro cielo infilo la gradinata per le Grotte del Sogno: proprio dal cortiletto delle recuperate grotte parte un sentiero in discesa che riporta in pochi minuti al bacino dell'acquedotto in cima alla stradina cementata custodita dagli asinelli, un attimo dopo sono di nuovo ad Aplecchio. La lunga gradinata mi riporta a San Pellegrino, blasonata culla di un turismo tranquillo, capace però di celare tra le pieghe delle sue montagne itinerari e luoghi sorprendenti.
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MONTE MISMA

Giovedì 1 Marzo 2012.
Alla fin fine la cosa più complicata di questa bella escursione è stata trovare il sentiero giusto, ma andiamo con ordine. Superato il Santuario della Forcella di Pradalunga, raggiungo il luogo dove venivano depositate le pietre coti: una rete da cantiere ne preclude l'accesso, parcheggio la macchina negli scarsissimi spazi adiacenti. Cerco inutilmente un qualsiasi segnale che mi faccia capire quale direzione devo prendere per salire al Misma: nessun cartello me lo dice, vado ad intuito e mando gli scarponi a proseguire sull'asfalto della stradina, che dopo un tornante diventa sterrata. Arrivo in breve alla Pratolina, vasto prato circondato da castagni ultracentenari: finalmente compare un cartello del CAI, che mi indirizza fiducioso a sinistra su ampia gippabile. Superate delle postazioni di caccia mi si presenta un bivio, a sinistra c'è una bella mulattiera: era la via giusta da seguire, ma lo scoprirò solo arrivato in vetta, parlando con altre persone. Io invece seguo fedelmente i bolli del CAI che si dirigono a destra e subito dopo mi alzano su un sentierino a sinistra: rimango stupito dalla trascuratezza di questo sentierino, addirittura ad un certo punto sono costretto letteralmente a strisciare sotto alcuni alberi di castagno divelti..!! In un paio di occasioni la traccia si riduce ai minimi termini sindacali, talmente angusta che pure i miei piedi da fungaiolo navigato fanno fatica a seguirla. Eppure sono sul sentiero CAI 539, giuro..!!

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Poi finalmente sbuco su un sentiero più ampio che mi traghetta ad una cascina, salgo ancora un po' nel bosco retrostante e aggancio il largo ed erboso spallone sud del Misma: il sentiero si sdoppia in due tracce e seguo quella che corre sullo spartiacque, dove compaiono anche due omini di sassi. In breve sono alla vetta, preceduta da un minuscolo sacrario: straordinario panorama..!! Lo ripeto: straordinario..!! E manca tutta la parte delle pianure..!! Sapevo che il Misma era rinomato per questo, ma la realtà supera ampiamente le aspettative: nonostante la foschia propongo una carrellata di zoommate, lascio parlare le foto. Per fortuna in vetta incontro una persona pratica del luogo che mi indica con precisione la strada giusta per raggiungere la sottostante Chiesa Santa Maria di Misma, posta sul versante orientale del monte, opposto a quello da cui sono salito. Non devo far altro che seguire a ritroso la dorsale tenedomi rigorosamente sullo spartiacque, per poter così aggangiare il primo omino di sassi: alla sua sinistra scende un ripido sentiero che dopo aver ricamato parecchie serpentine nel bosco, si addolcisce in una facile cresta con casette e capanni di caccia. Arrivo ad una bocchetta dove un chiaro cartello mi fà scollinare verso sud, in pochi minuti raggiungo la vicina chiesa Santa Maria di Misma, scoprendo che si tratta in realtà di un piccolo agglomerato splendidamente ristrutturato: decisione veramente azzeccata quella di venire a vedere questo posto, merita sicuramente una visita.
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A questo punto non essendoci indicazioni per Pradalunga, faccio affidamento ad una mia carta topografica dove è disegnato un sentiero che dovrebbe tagliare tutto a mezzacosta il versante sud del Misma: dovrebbe essere lo stesso itinerario indicato dal più alto cartello posizionato su un palo adiacente il sagrato della chiesa. Mi avvio così a destra e il sentiero transita subito ai piedi di belle pareti rocciose, totalmente invisibili fino ad ora: il lungo tracciato è comodo e praticamente pianeggiante, transito sotto la Corna Rossa ed arrivo ad un paio di bivi dove tiro dritto in piano. Raggiungo così Ol Ruculù e quì proseguo sempre in piano sul retro del vecchio roccolo: dopo poche centinaia di metri mi trovo a sbucare alla partenza dell'ambiguo sentierino targato 539, un attimo dopo sono sulla sterrata della Pratolina. Nella bellezza di questo suggestivo pratone giro un'ultimo sguardo verso il Misma, maturando la considerazione che una montagna tanto panoramica meriterebbe di sicuro una segnaletica migliore, almeno per quanto riguarda il versante di Pradalunga: ma io sono solo all'inizio e ho capito che il Misma nasconde sicuramente altre belle vie di salita. Perciò arrivederci Misma: promesso, tornerò....
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MONTE UBIONE

Lunedì 27 Febbraio 2012.
Inauguro la stagione 2012, l'inverno anomalo lascia già spazio a camminate senza neve: dopo oltre vent'anni torno sull'Ubione, montagnetta che ho ad un tiro di schioppo. Oggi sono un pochino lazzarone ed invece che lasciare la macchina nel parcheggio a lato della chiesa di Clanezzo, salgo a posteggiarla nei pressi dell'agriturismo Belvedì: un evidente cartello di legno mi invita ad abbassarmi su una breve sterrata che passa ai piedi dell'edificio, poi una successiva indicazione mi fà salire per prati sul retro della costruzione. Entro subito nel bosco e in pochissimo tempo sbuco sulla sterrata che sale dalla zona del cimitero, rendomi conto che non devo affannarmi a cercare segnavia: dei chiari cartelli mi mandano prima a sinistra, poi a destra su un tratturo ed infine sul sentiero vero e proprio. All'inizio parte via benevolo, poi si trasforma in una specie di faticosa gradinata con pendenza tosta per un quarto d'ora: sbuco di colpo ai ruderi dei "Bacini", immensa vasca seminterrata che suscita una certa impressione.

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Alle sue spalle, ormai quasi scomparsa tra la vegetazione ne esiste una seconda molto più piccola. Ho preso informazioni: durante la notte l'energia elettrica prodotta in eccesso della centrale di Clanezzo veniva usata per pompare acqua dal fondovalle fino a queste vasche a metà collina, acqua che poi di giorno tornava a valle per alimentare le condotte delle turbine e produrre così nuova energia. Finalmente da quassù si comincia ad apprezzare il panorama, bello soprattutto verso la Valle Brembana. Riprendo il sentiero che si porta in breve ad un bivio: il sentiero 571 su cui mi trovo devia in discesa a destra per aggirare un capanno di caccia, che invece vado allegramente a raggiungere prendendo il sentiero di sinistra che si infila su una dorsale, scelta ovviamente da evitare nei periodi in cui la cacccia è aperta. Dal capanno appare la vetta dell'Ubione, ormai vicina: tiro sù dritto dal pratone e con pendenza ancora bella pimpante arrivo finalmente alla grande croce.
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Che sorpresa: il posto è totalmente cambiato..!! C'è una grande spianata - balconata, hanno costruito un piccolo ed accogliente rifugetto, tavoli e panche dappertutto: vent'anni fà non c'era niente di tutto ciò, solo la grande croce è rimasta identica..!! Non me l'aspettavo, ma si tratta di una sorpresa piacevole: il pensiero corre subito allo scempio del Monte Tesoro, quì per fortuna il luogo non è stato massacrato, anzi..!! Ma la sorpresa più piacevole me la riservano i panorami, anche questi li avevo completamente dimenticati, di sicuro ho scelto il momento migliore per salire quassù: intuisco che in estate col fogliame sulle piante una certa fetta dell'orizzonte viene pregiudicata, oggi a dare un po' fastidio è solo la foschia verso le pianure. Dopo le "imprese" del 2011, riparto con una via di mezzo tra collina e montagna: ma và che bello l'Ubione, non mi ha per niente deluso, una capatina da queste parti non dovrebbe essere malaccio neanche in autunno...
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