Mercoledì 29 Agosto 2012.
Capanna 2000: dietro il rifugio si apre un anello che consente di compiere il Periplo dell'Arera.
Avevo già percorso più volte il sentiero 244 verso destra fino alla Forcella di Valmora, anche oggi sarà così: quando scollinerò sul versante settentrionale avrò le immense pareti dell'Arera illuminate dal pieno sole, compiere il periplo in senso inverso significa trovarsele controluce.
Ecco perciò che mi inoltro su questo sentiero, targato EE, che fila via pianeggiante sul versante sud dell'Arera, restando molto alto sopra la Baita Zuccone e proprio all'altezza di quest'ultima giro un costolone per entrare in un grande vallone che scende direttamente dalla vetta, in leggera discesa raggiungo poi un secondo vallone e al suo termine ecco apparire la prima facile catena, che permette di attraversare in piano una placchetta inclinata.
Ora, facendo attenzione alla bollatura un po' carente, mi alzo leggermente in un nuovo vallone e mi porto al di sopra di un gradone roccioso: una secca discesina si trasforma in un saltello di due metri, disarrampico dentro un microscopico budello facendo attenzione ai tanti detriti.
Aggirato il costolone l'ambiente si arricchisce di belle formazioni rocciose che sorvegliano il secondo tratto di catene, anche in questo caso nulla di difficile: placchette inclinate e ricche di sfasciumi, idem per la terza catena che arriva immediatamente dopo.
Mi ritrovo a sfiorare un grande masso con bella croce, contraltare perfetto della retrostante Cima di Valmora.
Ecco arrivare l'ultima brevissima catena di questo versante, poi il sentiero scorre in piano sulla rilassante costa che in quarto d'ora traghetta senza problemi alla Forcella di Valmora, dove si apre un bellissimo panorama, comprensivo delle lontane vette di Diavolo, Redorta e Coca: non mi resta che scollinare, ancora non so cosa l'Arera mi sta per regalare.
Comincio a scendere in linea retta e riaggancio subito il sentiero, si abbassa dentro un canale portandomi ad una cengia un pochino esposta e attrezzata con catena, che mi aiuta a scendere una piccola paretina, poi con ripida discesa arrivo all'ultima catena, posizionata su una cengia inclinata che si supera senza troppi problemi: questi due tratti attrezzati sono comunque più impegnativi di quelli incontrati in precedenza sul versante sud.
Il sentiero adesso scende ad attraversare un canaletto franoso, il cammino trova un ostacolo imprevisto, proprio nell'ultima parte una piccola frana ha denudato una paretina inclinata: si riesce comunque a passare, ma una catena sarebbe stata alquanto gradita, qui non avanzerebbe davvero..!!
Arrivo così su un costolone molto franoso, ricco di minuti ghiaietti, detriti e sassi mobili in abbondanza, lo scendo con una certa dose di fatica e circospezione per oltre cento metri di dislivello.
Una sterzata verso sinistra mi porta ad un colletto e proseguo la mia discesa che ora taglia un profondo vallone detritico, dove l'evidente erosione degli agenti atmosferici tende qui e là a cancellare la traccia, costringendo così il sentierino a presentare qualche passaggio un pochino delicato.
Ma il pericolo vero è dato dal panorama, gli occhi dovrebbero concentrarsi sul sentiero, ma restano ammaliati dallo straordinario spettacolo di bastionate, conche e canaloni che si alzano da questo oceano di detriti rinnovandosi in continuazione, mentre l'orizzonte si allarga ad accogliere la vicina Cima del Fop e le lontane Presolane: meglio non rischiare inutilmente, mi godo tutto questo ben di Dio solo a scarponi fermi.
Con un lungo traversone il sentiero raggiunge l'altra estremità della conca, poi scendo in una valletta di ghiaia fino alla base di un costolone roccioso e lo aggiro alla base: questo è il punto più basso toccato dal 244, sono a circa 1750 metri di quota e sinceramente non pensavo di perdere così tanto dislivello..!!
Come temevo ora arriva il conto da pagare, tutto quello che avevo perso lo devo recuperare e per giunta con gli interessi: il sentiero si impenna su pendenze perfide fatte di ghiaietti e terreno franoso, solo più avanti riesco a trovare conforto nell'erba di pendii comunque molto ripidi, è una faticosissima tirata da 150 metri di dislivello in un colpo solo.
Poi il sentiero finalmente si ammorbidisce e gira l'angolo, neanche il tempo di lasciar resuscitare il respiro che all'improvviso resto a bocca aperta: davanti a me si apre una conca immensa fatta a forma di ferro di cavallo, una cattedrale di calcare e di cielo azzurro, un grandioso anfiteatro dove recito la parte di un granello di sabbia.
Mi escono a ripetizione esclamazioni di stupore, non mi aspettavo assolutamente che l'Arera celasse un luogo del genere: abbiamo un fetta di Dolomiti sulle Orobie e non lo sapevo..!!
La sorpresa è stata talmente grande che resto imbambolato, per lasciar passare lo stordimento decido seduta stante di fare pausa mensa appollaiato su un grande macigno: davvero, è uno dei posti più suggestivi che abbia mai visto..!!
Riprendo il cammino e mi avvio su un bel traversone erboso, sto già rimpiangendo di abbandonare questo straordinario capolavoro della natura quando appare un'altra bellissima visione: dirimpetto a me l'Anticima Est della Corna Piana disegna un aguzzo ed elegantissimo dente, alla cui base corre un evidente sentiero, che decido di raggiungere.
All'altezza di un paletto segnavia abbandono il 244 che devia a sinistra per risalire ghiaioni, proseguo dritto davanti a me, dove la montagna si addolcisce in un cordone di pianeggianti dossi e collinette: seguo dei bolli gialli marchiati anche col numero 8 che mi accompagnano praticamente dal Passo di Valmora, risalgo la collinetta che delimita il bordo del grande vallone pietroso sotto il Passo di Corna Piana, poi devio a destra e con un breve strappo raggiungo il sentiero CAI 218, sotto l'Anticima.
Il mio consiglio è di seguire questa strada in quanto da questo versante si ha un magnifico colpo d'occhio sulla Valcanale e sulla Valle Seriana, nonché sul vallone e sui contrafforti dell'Arera: restando sul 244 si vanno a sfiorare pareti "pericolose" poiché sormontate da balze semi erbose, dove ho potuto ammirare alcuni esemplari di camosci intenti a pascolare...Che poi sono fuggiti buttando sassi di sotto, occhio..!!
Risalgo il 218 lungo pietraie e pendii un po' faticosi, quindi riaggancio il 244 proprio in corrispondenza del Passo di Corna Piana: l'occasione è troppo ghiotta, decido di raggiungerne la vicina vetta.
Non mi dilungo in spiegazioni, la traccia è abbastanza evidente: grossomodo bisogna raggiungere il crinale e qui mi fiondo a destra verso la bella Anticima Est sormontata da una lucida croce, poi torno sui miei passi e seguendo un tracciato un tantino impegnativo tocco la vetta della Corna Piana.
Questa montagna adatta ad escursionisti esperti presenta una bollatura quasi inesistente e un unico passaggio un po' esposto, ma non difficile: vale la pena di essere conquistata, regala splendidi panorami.
Una volta ridisceso al passo proseguo sul 244 e passo alla base della grande conca del Mandrone, quindi mi abbasso fino ad immettermi sul largo e comodo Sentiero dei Fiori, altra perla di questo superbo Arera che vado letteralmente a sfiorare con le mani: ormai è fatta, mi resta solo un colletto da risalire, ecco gli imbocchi delle miniere e l'ultimo vallone, arrivo sui prati dietro la Capanna 2000.
Ritrovo il cartello giallo dell'andata, la chiusura del cerchio è completata, il magnifico Periplo dell'Arera mi ha sorpreso per la bellezza severa e straordinaria del versante nord, un tracciato quasi sconosciuto che meriterebbe maggior attenzione e considerazione.
L'Arera è un palindromo: un nome che può essere letto in entrambi i sensi, ci avevate mai fatto caso..?
Anche il 244 può essere percorso nei due sensi, ma fidatevi del cartello giallo, andate a destra: è la scelta migliore, non ve ne pentirete.