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Mercoledì 8 Agosto 2012. Parcheggio agli impianti di Colere, frazione Carbonera, poi ridiscendo in paese: il sentiero CAI 402 si fa trovare subito, parte come stradina, si alza nel bosco diventando cementata. Passano 10 minuti, un vecchio ristoro abbandonato mi accoglie al Pian di Vione, stupenda conca a cui è stata giustamente restituita dignità: il bosco lascia spazio a radure e gli occhi si riempiono di roccia chiara, quella possente della Corna delle Quattro Matte. Salgo seguendo le indicazioni per la Falesia Roby Piantoni, nel primo tratto combaciano col sentiero 402: nei pressi di uno spiazzo didattico attrezzato con Calchera e Poiat tralascio la deviazione a destra per la falesia, il sentiero per l'Albani tira dritto su un faticoso ghiaioncello, mi intrufolo nel bosco. Con una sterzata netta verso destra mi porto ad una valletta un pelino ripida, è poco più che un attimo, il sentiero ora si dispiega in un lungo traversone: la pendenza diventa dolcissima, il sentiero esce allo scoperto e si distende tra radi larici e pini mughi, scivola tra cespugli di rododendri e ginepro, accarezza sassi e piccoli macereti, trasformandosi in una stupenda passeggiata ai piedi delle Quattro Matte. Non me l'aspettavo, resto ammutolito: è uno dei sentieri più belli che mi sia mai capitato di percorrere..!! Arrivo ad un pietroso vallone che scende direttamente dalle Quattro Matte, lo attraverso contornando di fatto la testata di questo suggestivo anfiteatro: il sentiero risale ora uno spallone, senza strappi faticosi arrivo ad un primo colletto dove sterzo con decisione a sinistra, nuovi pendii per nulla impervi mi portano sul bordo di un cratere detritico. Davanti a me appare una grande conca di sfasciumi tagliata in obliquo da un sentiero, con bella salita lo vado a raggiungere ed eccomi così sul CAI 401 che percorro girando a sinistra, cinque minuti dopo la Presolana si lacera in uno stretto canale, ripongo i bastoncini, emozionato ed agitato mi appresto a rendere omaggio ad un tracciato "storico": ecco la Ferrata della Porta. Mi arrampico sulla prima scaletta pensando a quante mani hanno afferrato questi gradini prima delle mie, poi ne segue immediatamente una seconda breve e a piombo, quindi ne arriva una terza bella lunga e impervia: un traverso con catene mi porta nel centro dello stretto canale che risalgo con fatica per portarmi sul lato sinistro, dove scalette pioli e funi mi aiutano a superare un canaletto laterale che sfocia in uno stretto intaglio, è il Passo della Porta. Ora la ferrata si snoda in un ambiente molto più aperto, proponendo più o meno lunghe scalette intercalate da catene, fondamentali per superare cenge e traversini a volte molto esposti: le mani si appoggiano di frequente, ma il cammino in realtà non sconfina mai nel troppo difficile, addirittura spuntano anche pezzettini di normalissimo e zizzagante sentierino di montagna..!! Finisco dirimpetto un grande masso intitolato alla ferrata, il sentiero acquista pepe grazie a nuovi tratti attrezzati che mi portano fino ad un intaglio: scendo dall'altra parte per raggiungere in breve una larga e molto esposta cengia, poi altri pioli e catene mi aiutano a vincere le roccette di un canaletto piuttosto franoso. Eccomi all'improvviso su di un colle, di colpo sbuca l'arcigna parete nord della Presolana Orientale, ai suoi piedi l'immensa conca del Fupù: approfitto dello spettacolo offertomi per rifiatare, in teoria il peggio dovrebbe essere passato. Errore, una catena corre dritta rasoterra lungo un pendio ripido, ricco di sfasciumi scivolosi: la prima parte della discesa verso il Fupù si dimostra molto più delicata del previsto. Scendo guardingo, vietatissimo scivolare, un po' più sotto la pendenza diminuisce leggermente e le catene spariscono, non le difficoltà però: io un altro paio di catene le avrei messe volentieri..! Poi il sentiero diventa meno ostico, mi abbasso sempre più finchè un'ultima fune mi traghetta definitivamente nel ghiaione della suggestiva conca: nel punto più basso si và a sfiorare un nevaio, neve vecchia e compatta, sono convinto che quassù nelle annate migliori possa resistere tutto l'anno. Il sentiero attraversa tutto il ghiaione salendo tranquillo e così dovrebbe essere anche per il costolone erboso successivo: arrivo nei prati dirimpetto la Corna delle Quattro Matte, sgancio i bastoncini, voglio risparmiare energie, la strada è ancora lunga. Neanche il tempo di muovere quattro passi e dietro una curva incrocio un ragazzo che stà percorrendo la ferrata al contrario, direzione Albani. E' tutto tecnologico: abbigliamento griffato, casco, imbragatura, cordini, moschettoni, guantini. Io sono attrezzato con: fascetta parasudore, fotocamera a tracolla, cavalletto fissato al torace col cinghietto pettorale dello zaino, bastoncini impugnati a mani nude. Il suo sguardo si riempie di stupore, ci leggo chiaramente la frase: "Ma questo quà non avrà mica fatto la ferrata conciato così..??" I miei occhi gli rispondono silenziosi di sì: per un attimo mi sento Alien, quanto vorrei avere in mano anche un cestino da funghi per stupirlo ancora di più..!! Quello sguardo non lo scorderò mai, lui sparisce dietro l'angolo e io scoppio in una risata, ahahah..!! La mia non è irriverenza, ho appena scoperto che la Ferrata della Porta non è affatto quel terribile sentiero che immaginavo: è molto ben attrezzata di suo, se sono riuscito a farla pure io vuol dire che è alla portata di parecchi escursionisti. E adesso riprendo il cammino, con un traversone in salita mi porto sul crestone delle Pecore, appare il Visolo: ricompaiono le catene ma si tratta di passaggini facili, ancora un po' di fatica ed arrivo sullo speroncino appena sopra la Bocchetta del Visolo. Mi affaccio sul versante sud, ecco dieci metri lineari di discesa incatenata, è finita e mi dispiace: la bellissima Ferrata della Porta è alle mie spalle, ne ho già un'immensa nostalgia..!! La consiglio vivamente a tutti gli escursionisti esperti, si arrampica tra le rughe della Presolana con percorso arguto e mai troppo difficile: non fatevela mancare..!! Il resto del tracciato lo conosco già tutto, mi abbasso perciò sul frizzante sentiero difficile che scende a destra verso la Cappella Savina, anche quì non mancano pendii franosi e delicati attrezzati con catene, così come non mancano spettacolari vedute sulle strapiombanti pareti delle Presolane: distolgono lo sguardo, occhio a dove si appoggiano i piedi..!! ( Per una descrizione migliore di questo sentiero, vi rimando ad un precedente servizio dedicato alla Presolana Orientale...) Mi godo la grandiosa passerella delle Presolane, una ad una sfilano davanti a me: l'Orientale e la Centrale mi accompagnano nel percorso tra la Bocchetta del Visolo e la Cappella Savina, quella del Prato e la Occidentale sorvegliano la mia risalita alla Grotta dei Pagani e il traversone fino al Passo di Pozzera, infine compare la Presolana di Castione, sentinella fedele del bel sentiero che mi deposita al Rifugio Olmo. Non mi dilungo in minuziose spiegazioni, i sentieri sono ben tracciati e segnalati, non si può sbagliare direzione. Sono ufficialmente divallato nella Valzurio, dal rifugio Olmo scendo per comodo sentiero fino alla Baita Bruseda e da quì prendo a destra, il tracciato percorre l'Alta Valzurio regalandomi scenari magnifici, sembrano angoli delle Dolomiti: a mio avviso questa bucolica valle è tra quelle minori la più bella della bergamasca, i suoi panorami stemperano e consolano la fatica dei seicento metri di dislivello che mi portano al Passo dello Scagnello. Finalmente scollino di nuovo in Val di Scalve, la stanchezza è tanta, ma per fortuna la mia strada ora è tutta in discesa: raggiungo in breve il rifugio Albani, palcoscenico privilegiato per ammirare le immense pareti nord delle Presolane. Non mi resta che scendere a Colere, a metà strada del sentiero CAI 406 devio a destra e prendo la scorciatoia del CAI 403, scendo nel bosco fino ad incrocare la stradetta degli impianti che seguo fedelmente per arrivare alla Carbonera: l'anello si è chiuso, un sogno si è avverato. Tecnicamente parlando è sicuramente un giro lunghissimo e faticoso, da affrontare solo con debito allenamento: complessivamente sono circa duemila metri di dislivello sia in salita che in discesa, io ci ho messo dieci ore, che al netto delle pause si rivelano otto ore e mezza di puro cammino. Le anime più tranquille è meglio che si appoggino ai due rifugi presenti sul tracciato, spezzando la fatica in due giorni: scelta consigliata per godersi con più calma i fantastici ambienti delle Presolane. La mia testa ha preferito raccontare con maggior dovizia di particolari la prima parte del percorso, quella relativa alla ferrata: è la parte che mi ha entusiasmato di più, il resto del percorso è più bucolico e strappa aggettivi che partono dal bellissimo, passano dallo stupendo e finiscono col meraviglioso..!! Il mio cuore ha ammirato per intero le Presolane, ha fatto giro girotondo con le Regine: indimenticabile.... |
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