Mercoledì 10 8bre 2012.
Nonostante il tempo nebbioso i miei scarponi vogliono tornare a gironzolare tra i sentieri e le baite alte di Ornica, e se ci scappa anche una cima nuova tanto meglio: dopo un giretto nel centro del paese mi porto al Santuario della Madonna del Frassino e attraverso il ponticello adiacente per prendere un sentiero che non conosco, torno sul versante che tanto mi aveva affascinato solo pochi giorni fa.
Una bella mulattiera gradinata sale ripida, curva davanti ad una fontana e con un paio di tornanti mi porta sotto i prati delle Rate, qui prendo il sentiero in salita che si tiene al margine di piantagioni e salendo ancora arrivo ad un bivio ben segnalato dove seguo le indicazioni per le Baite Paul (Paullo): mi avvio perciò verso destra, direzione che mantengo anche al successivo bivio non segnalato, dove la traccia principale sembra salire, mentre in realtà quella da prendere fila via pianeggiante girando immediatamente dentro la valletta del Canal del Giardì.
Oltrepasso la vicinissima baita omonima e per sentiero pianeggiante arrivo in breve all'incrocio con la ben più ampia e marcata Asinovia su cui mi immetto, bastano pochi minuti e arrivo alla Baita Tagliata: davanti a me posso vedere la Baite Paul, dov'ero passato qualche giorno fa, non mi resta che abbandonare l'Asinovia che gira a sinistra, proseguo in piano su un comodo sentiero e attraverso una valletta con ricco ruscello, arrivando così dritto dritto nel cuore delle Baite Paul.
Ora la strada da seguire la conosco e non è riportata sui cartelli segnaletici posti all'angolo delle baite, proprio da lì parte un sentiero che sale direttamente nel prato alle spalle delle baite: il tracciato si alza come dentro una trincea realizzata con staccionate e fili per delimitare il pascolo del bestiame, asini e cavalli curiosi mi fanno giusto l'occhiolino mentre salgo fino al sovrastante nucleo delle Baite dello Zucco - Losco, altro angolino veramente molto bello.
Ora ripeto quanto fatto prima, salgo direttamente di fianco alle baite grazie ad un tracciolino nel pascolo che poi traversa sulla destra sfiorando altre baite: giungo davanti ad un recinto con asini e seguo la larga mulattiera che lo costeggia sulla sinistra, ecco l'ennesima bella radura con baita e appena oltre sbuco sulla sterrata del Colle Dudello, praticamente di fronte al tracciato che sale al Ferdy.
Il versante su cui corre questo itinerario è davvero molto bello, però anche oggi purtroppo non mi è concesso il sole splendente che tanto vorrei: ma mi rifarò, i miei scarponi promettono solennemente che torneranno alla prima giornata di sole che si profilerà all'orizzonte..!!
Ora mi alzo nella Valle d'Inferno per oltrepassare il Ferdy e immergermi nella nebbia che staziona appena sopra, umida e fedele compagna anche quando sfilo alla Baita Ciarèi e che solo al mio arrivo alla Baita Predù sembra per un attimo alleggerirsi: provo a deviare a destra per il Prascagnello, mi avventuro per qualche centinaio di metri e non senza difficoltà sull'itinerario, ma mi rendo conto ben presto che questa vetta è preclusa in caso di nebbia, decido quindi di tornare alla Baita Predù e proseguire verso la Sfinge.
Ma ecco che due tornanti sopra la Baita Corna dei Vitelli il sole mi stampa in fronte tutto il suo caldo tepore: finalmente il mondo nebbioso lascia spazio ad un panorama che emoziona sempre, galleggiare sopra le nuvole è una di quelle esperienze che segnano l'anima di qualsiasi escursionista, troppo bello..!!
Mi sento come la lucertola sul sasso, sfilo ritemprato al cospetto della Sfinge e 200 metri prima di arrivare alla Bocchetta dell'Inferno trovo il bivio che mi ha insegnato il mio amico Fausto: a destra si stacca un sentierino bollato ma non numerato, taglia tutto il versante sud del Monte Giarolo con percorso divertente adatto ad escursionisti esperti.
Ecco che mi avvio sul versante dirimpetto la Sfinge, risalgo un canale e mi porto su una cengia un po' esposta, ma il sentierino è tracciato bene, non ci sono problemi: aggirato il costolone arrivo subito in una grande e insospettabile conca detritica ricca di macigni in cui il sentiero si intrufola dopo aver compiuto un largo giro in discesa, il percorso è ben segnalato e io su questo terreno mi diverto un mondo a saltellare di roccia, in roccione, in roccetta.
Poi il sentierino fila via a mezzacosta su pendii molto scoscesi qui e là anche un po' esposti, ma la traccia è ben individuabile e non ci sono sostanzialmente problemi: quando avvisto la cimetta col grande omino di sassi dove passa il sentiero 101 delle Orobie Occidentali, invece di raggiungerla taglio su direttamente per i pendii alla mia sinistra e senza troppe difficoltà raggiungo il crinale.
Ho deciso di salire in vetta al per me inedito Pizzo del Giarolo, così facendo schivo un pezzetto di strada: il sole è nascosto da sottili velature, niente a che vedere con le nebbie che mi hanno impedito di salire al Prascagnello, il Giarolo è fattibile.
Seguendo la traccia proveniente dalla cima con l'omino di sassi, mi avvio a sinistra sulla cresta, non difficile ma nemmeno da sottovalutare, in quanto presenta dei passaggini in punta un po' esposti: seguendo fedelmente il crinale mi porto alla base dello strappo finale del Giarolo, che a dir la verità non invoglia molto alla salita, presentando delle rocce che sembrano chiudere il cammino.
Invece facendo molta attenzione si riescono ad individuare tracce che aggirando i salti consentono di risalire senza troppa difficoltà il versante: attenzione però, la traccia preferisce farsi trovare dall'occhio di escursionisti esperti e risulta molto più facile individuarla in discesa.
Comunque una volta superato lo strappo, a dir il vero anche abbastanza lunghetto, ecco che mi ritrovo in vetta al Giarolo, mannaggia alle nuvole che limitano alquanto i panorami, quello che mi intriga di più è verso il Pizzo di Trona: il Lago Rotondo ai suoi piedi per un curioso effetto ottico sembra racchiuso in una cerchia rocciosa, quasi fosse adagiato nel cratere di un vulcano.
Anche quassù dovrò ritornare, il meteo è stato un po' troppo monello: sono soddisfatto sì, ma è come se mi fosse mancata la ciliegina sulla torta.
Per fortuna a rallegrarmi ci pensano alcuni stambecchi incrociati sulla cresta, mentre sulla via del ritorno mi appresto a raggiungere il grande omino sulla piccola cima dove passa il sentiero CAI 101: lo seguo fino alla alla Bocchetta di Trona e alla successiva Bocchetta dei Piazzotti, dove decido di abbandonarlo per tuffarmi nella Val Pianella.
Giro a destra e scendo in una conca, per poi risalire di traverso raggiungendo così un poggio: il mare di nuvole è lì che mi aspetta, ci entro controvoglia, ma non posso fare altrimenti, spero solo che la Val Pianella mi possa a sorpresa regalare qualche bello spunto.
Per una mezz'oretta è nebbia totale e devo scendere fino al bosco per trovare il primo spunto decente: un fungo alquanto tenace ha sollevato un sasso grosso quanto un mattone. Neanche il tempo di guardare com'è uscita la foto e all'improvviso si scatena un forte acquazzone, le nebbie hanno deciso di sciogliersi in gocce copiose: mi accompagneranno per tutta la discesa lungo la Valle di Salmurano, dove scopro altre belle zone con baite in abbondanza che però non posso immortalare, la pioggia è troppo forte.
La beffa si compie ad un passo dalla macchina, com'era cominciato tutto finisce in un baleno, il cielo comincia a mostrare squarci di azzurro e di vette: lascio Ornica con la consapevolezza che il mio viaggio non finisce qui, c'è tutta una zona che merita di essere visitata.
Scarponi, zaino e macchina fotografica votano all'unanimità: si tornerà quassù presto.