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Venerdì 1° Giugno 2012.
Giro a sinistra all'altezza di una santella molto antica, lascio la macchina in una zona picnic: "Marmitte dei Giganti" dice il cartello poco prima di Fornonuovo, vado a scoprire un angolo poco conosciuto della Valtorta.
Una breve sterrata mi porta alla radura di Baita Ancogno, luogo molto bello e totalmente invisibile dalla vicina provinciale: un sentiero costeggia il prato e risale la valle tenendosi alto sul torrente, vado ad attraversarlo su uno spartano ponticello appena oltre un massiccio roccione.
Serpentine faticose alternate a falsopiani mi portano ad una prima valletta con breve ed innocuo passaggio attrezzato con vecchia fune, poi nuovi strappi molto secchi salgono ad attraversare un altro paio di vallette, la pendenza si addolcisce e superati altri due canaletti rocciosi una ripida discesina scende al greto del torrente: quì una roccia liscia e scivolosa crea problemi, sono solo pochi metri ma il passaggino è infido, potrebbe rivelarsi alquanto difficoltoso in caso di terreno bagnato, occhio!
Guado il torrente, che finalmente poco più avanti mette in scena il primo vero spettacolo: una bella cascatella con tanto di grotta incorporata, generata da un enorme macigno che ha ostruito l'alveo.
Il sentierino la sfiora e divenuto più disagevole si inerpica a superare il profondo vallone alla mia sinistra, dove con estrema circospezione tento di affacciarmi per ammirare altri bei salti, ma la natura del terreno e la sua notevole esposizione rendono quest'operazione decisamente pericolosa..!!
Superato questo primo gradino, riattraverso il torrente in corrispondenza di quella che si rivelerà l'unica marmitta visibile con facilità: vorrei provare a risalire il greto ma le difficoltà mi fanno presto desistere dal tentativo, riprendo perciò il sentiero, accontentandomi dove possibile di sporgermi verso il torrente che lascia intravedere altre belle pozze.
Purtroppo le marmitte dei giganti si rivelano inaccessibili al semplice escursionista, troppo pericoloso tentare di avvicinarsi: ciò che viene concesso è davvero poca cosa, che peccato..!!
Delusione ampiamente mitigata dall'aver già incrociato lungo il percorso almeno cinque o sei camosci, in cui ho la fortuna di imbattermi all'improvviso dietro le svolte del sentierino.
Aiutato da una vecchia cartina topografica decido di proseguire ad oltranza sul sentierino per vedere dove va a finire, la valle si chiude dentro un invisibile forra che scavalco sulla sinistra grazie a tremende serpentine, tutto si addolcisce nei pressi di una piccola croce: aggirato un costolone la valle si apre un po' e appare una possente e nera parete rocciosa, sò che lassù negli inverni giusti si formano spettacolari cascate di ghiaccio.
La valle ora cambia direzione e nome, piega verso ovest e diventa la Valle Raisere.
Da quì in poi il cammino si fa più impegnativo, a sorpresa spuntano i classici paletti segnavia in legno, mi guidano nel vallone, salgo alla base di pareti che ospitano un fiore endemico delle Orobie: la bella Primula albenensis non è stata a tutt'oggi rinvenuta al di fuori dei confini provinciali, la sua casa è l'Alben ma è presente anche quì.
Altri tratti ripidi conducono ad una pianeggiante valletta secca dove mi imbatto in una decina di camosci, scappano veloci in direzioni sicure: il mio sentierino praticamente svanisce nel bosco ed è soltanto grazie ai provvidenziali paletti che riesco a portarmi nella sovrastante conca della Baita Concoli.
Attenzione, in discesa i paletti sono meno evidenti che in salita, in caso di brutto tempo e nebbie potrebbe essere difficoltoso orientarsi: nonostante avessi preso dei punti di riferimento, durante il ritorno sono riuscito a sbagliare strada un paio di volte!
La conca si rivela molto selvatica e bella, trovare i paletti è quasi una caccia al tesoro, poco più sù spariscono e salgo a naso arrivando dritto alle baite: pur essendo di poco sotto la trafficata dorsale della Valtaleggio questo luogo emana un senso di riservatezza selvatica molto spiccato, un numeroso branco di camosci scappa al mio arrivo sottolineando questa mia sensazione.
Decido di proseguire verso il Sodadura cercando appoggio nella preziosissima vecchia cartina topografica e risalito il pendio dietro la baita raggiungo la sommità di un dosso, devio a destra e assolutamente a naso percorro senza rilevanti difficoltà una prima zona pianeggiante, che si stende proprio alla base della costiera con la Valtaleggio: intercetto qualche traccia che si appoggia ad un ampio terrazzino e riesco così a spostarmi verso una baitella posta ai piedi del versante nord, sbuco piuttosto alto nella conca che la ospita e con breve discesina la raggiungo.
Ho percorso tante volte il sentiero 101 sul crinale ma da lassù non ci si accorge minimamente della possibilità di effettuare questa traversata, nè tantomeno si intuisce la bellezza di questi luoghi che offrono una visuale strana di montagne conosciutissime come l'Aralalta e il Sodadura, quest'ultimo addirittura si trasforma in un irriconoscibile panettone!
Con facile ed intuitiva salita mi porto sui pendii sovrastanti la baitella, sfioro due pozze e trovo un sentiero che mi deposita al Passo di Sodadura: ecco riapparire le consuete forme piramidali, eccomi agganciare il 101 e abbandonarlo subito per seguire fedelmente la dorsale, che passando dalla Baita Regina mi porta fino alla Bocchetta di Regadur.
La stupenda e panoramicissima cavalcata fino alla bocchetta è il degno coronamento di un'escursione molto particolare: il sentierino dal fondovalle fino alla Baita Concoli sono sicuro che vede più camosci in un giorno che escursionisti in un intero anno, la successiva traversata verso il Sodadura significa inventarsi la strada passo dopo passo.
Ho avuto la costante sensazione di essere sperduto in un angolo segreto delle Orobie..!!
E' arrivato il momento di abbandonare le comodità di questa dorsale, prendo il sentiero che scende nel vallone in direzione delle baite, all'inizio sono tornantini evidenti ma attraversata la base della conca tutto sparisce: riconosco il dosso, raggiungo le baite appena li sotto, ricomincia la caccia ai paletti segnavia, mi rituffo non senza difficoltà nella selvatica Valle Ancogno.
La luce del pomeriggio accende di colori più belli la valle e scenderla si rivela un impegno di tutto rispetto, dalle baite devo perdere circa novecento metri di dislivello ed il sentierino corre quasi per intero nel bosco, in molti tratti le tante foglie secche presenti al suolo non aiutano certo ad individuare il percorso: è un lungo giro adattissimo a chi cerca una montagna solitaria, che mi sento di consigliare solo ad escursionisti preparati e dotati di un sano spirito di avventura.
Dovrebbe essere anche un bel giro da fare in autunno, ma io stesso sarei titubante nell'affrontarlo dopo che i boschi hanno perso le foglie, potrebbe essere molto difficoltoso individuare e percorrere il tracciato.
Con la macchina ormai a due passi, l'ultimo bel colpo d'occhio me lo regala il pratone della Baita Ancogno, sò che è assurdo ma questa scenografia ha qualcosa alla Jurassik Park: in realtà la Valle Ancogno non nasconde dinosauri, semmai regala una gran quantità di camosci...
Però quando ci entri ti avvolge un senso di mistero, la sensazione è di muoversi nel cuore di un mondo perduto, qualcosa che vivrà finchè ci saranno passi a calpestare un debole sentierino: oggi ho aggiunto i miei, la bella e solitaria Valle Ancogno aspetta i vostri.
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Immagini totali: 56 | Ultimo aggiornamento: 05/07/12 0.02 | Generato da JAlbum & Chameleon | Aiuto |