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TURCHIA...NON SOLO MARE! |
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COLORI DELLA PRESOLANA |
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La “Scasada del Zenerù” ad Ardesio in alta Val Seriana il 31 gennaio 2009 |
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Ad Ardesio paese dell’alta Val Seriana da un abbondante decennio si è ripreso l’antica usanza di scacciare Gennaio quale mese più temuto per le rigide temperature.
Il promotore del rilancio è stato il mitico Flaminio; per anni ideatore del carro, delle filastrocche che motivano l’allegoria dell’anno e autore dei disegni delle cartoline che ogni anno vengono stampate in quantità limitata.
Il tutto parte con la costruzione del carro che viene esposto la sera del 31 gennaio. Intorno alle 19,30 inizia il ritrovo di tutti i partecipanti. Oggi la manifestazione richiama gente da tutta la provincia.
Quando il corteo parte ha inizio la cacciata, come una battuta di caccia i battitori creano un bordello infernale. La tradizione deriva da un mondo agricolo quindi lo strumento per antonomasia è la cioca, la bronza ovvero i campanacci, ma oggi non si disdegnano latte e barattoli trascinati, tutto va bene pur che faccia rumore.
E’ una festa per piccoli e grandi che percorre le vie del paese con le varie soste per il vinbrulè, le musiche e per unirsi in gruppo a sbatacchiare i campanacci legati in vita.
Da qualche anno la kermesse è stata arricchita da gemellaggi con nazioni che hanno usanze similari come: Francia, Svizzera, Austria, Slovenia; pertanto i partecipanti hanno la possibilità di vedere maschere e ascoltare suoni di gruppi dalle svariate usanze differenti.
La scasada dopo aver lasciato libero sfogato e accaldato i partecipanti termina con il rogo purificatore dove viene bruciato il fantoccio che rappresenta qualche motivo di diatriba dell’anno in corso.
Questa è una descrizione molto sintetica, certo la cosa migliore è parteciparvi quindi vi aspetto ad Ardesio per la sera del 31 gennaio 2010! |
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LE NOSTRE ACQUE |
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Negli specchi immobili che replicano il cielo, puoi toccare la luna, le vette di ogni monte, accarezzare le nubi, fermare gli aerei.
Diademi incastonati nelle rocce, o pietre preziose che si sono guadagnate le forme fantasiose e bizzarre con secoli di paziente lavoro?
Le architetture del gelo muoiono per dare vita a torrenti che come arterie e vene solcano le valli per riattivare ogni forma di vita, e poi sostare placidi nell’abbraccio morbido dei laghi.
Linfa che penetra in ogni piccola fenditura della terra per riapparire nel colore dei fiori, nelle foglie degli alberi, nei campi coltivati, nei prati da falciare.
Acqua benedetta che battezza che spegne, che lavora, che illumina, che trasporta.
Forza buona che si ribella quando l’uomo si dimentica che ci viene donata con amore per accendere l’amore. |
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Al Rifugio Taglaferri salendo dalla Diga-Valle del Gleno il 28 giugno 2009 |
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NEVI SCALVINE 2008- 2009 |
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NEVI OROBICHE 2008- 2009 |
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L'incontaminata Valle del Sellero nella splendida giornata del 14 giugno 2009 |
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Salito il passo del Vivione da Schilpario scendiamo un paio di chilometri dopo il valico: Lasciamo l’auto su uno spiazzo dove una signora vende il miele prodotto in loco. Tra infinite esplosioni di maggiociondolo e il fragore di cascate saliamo i due livelli dell’alpeggio Sellero. I rododendri offrono qualche anticipo, tra una decina di giorni sarà, tutte le sponde diverranno un tappeto rosso. Lasciamo la malga Sellero e la casa dei guardiacaccia diretti al passo del Sellero speranzosi di vedere i laghetti di Culvegla, ma la neve ricopre ancora tutto. Scegliamo di seguire la cresta della testata per arrivare al passo del Sellerino. Questo percorso, personalmente, lo consiglio solo ad esperti. Superato i primi salti rocciosi protetti da catene si arriva in vetta al Monte Sellero e senza troppe difficoltà si passa al Monte Colombaro; da qui in poi la cresta si fa difficile e non ci sono protezioni. Lo spartiacque in compenso offre un panorama straordinario in ogni direzione. Lasciamo il passo del Sellerino ancora abbondantemente coperto neve seguendo i torrenti gonfiati dal disgelo. Una bella giornata in una valle incontaminata… da vedere! |
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I pastori delle Orobie |
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Alla grotta di Betlemme i pastori furono i primi ad accorrere; da allora l’arcaico mestiere ha conservato intatto il sinonimo di nomadismo, di transumanza. Onde di lana inseguono strette il pastore. foto 01-02- 03-04 Volti taciturni protetti dalla barba, a loro basta uno sguardo al celo per sapere come sarà la meteo di domani. La loro lingua è il “Gaì”, ma aspettano con desiderio un saluto che li distolga dalla solitudine. foto 05- 06- 07 Servono pochi attrezzi per fare il pastore, il necessario è sulla soma dell’asinello. I cani sono gli unici collaboratori insostituibili e amici inseparabili. foto 08- 09- 10- 11 Forse qualcosa sta cambiando: le comodità rendono più sopportabile questa vita a due. foto 12- 13 La stagione inizia dai prati comodi che ormai non vengono falciati. Sotto il bel sole è più facile convincere i giovani: visto così sembra proprio un bel lavoro, ma pian piano si sale verso le montagne. foto 14- 15- 16- 17 Si continua a salire verso le vette, nella brevissima estate le capre cercano i cugini lontani: i camosci. foto 18- 19- 20 Le lunghe ombre autunnali riportano il pastore e il suo gregge vicino ai paesi. Tutto è brullo l’erba rigogliosa della primavera è ormai un ricordo lontano; le prime brume notturne portano presagi invernali. foto 21- 22- 23- 24 Dopo i freddi arrivano le nevicate, la vita si trasforma in sofferenza. Questa esistenza in simbiosi tra uomo e animali è messa a dura prova, solo le pecore si fanno coraggio l’una con l’altra. foto 25- 26- 27 E’ un continuo spostarsi e indugiarsi sperando che la bufera si plachi, intanto i belati si fanno più insistenti. Al pastore suonano come pianti di bimbi affamati che lacerano il cuore, lui vuol bene ad ogni sua pecora. foto 28- 29 La notte è lunghissima e gelida, l’alba promette bene, ma il terreno è coperto da ghiaccio. Appena fa giorno il pastore rompe la morsa che stringe l’unica speranza di sopravvivenza. Basta poco per tenere viva la speranza dell’arrivo della primavera. foto 30- 31- 32- 33 |
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