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Giovedì 13 Ottobre 2011. La precedente difficile salita da Valleve aveva lasciato sulla mia pelle l'odore della paura, voglio scrollarmelo di dosso: torno sul Pegherolo. Parcheggio alla Baita del Camoscio sopra San Simone e lo guardo: nessun pensiero, nessun alone, la mia mente è una lavagna nera e pulita. Comincio a scrivere il mio cammino raggiungendo su stradina il facile Passo di San Simone, poi con lunga diagonale entro nel detritico vallone che con fatica sale alla Bocchetta dell'Erba. La mia strada svolta a sinistra: scendo qualche metro e di traverso raggiungo in breve la lunghissima cresta ovest. La conosco solo di fama, dicono sia difficile: i miei scarponi sono abituati a tirare le conclusioni solo alla fine, partono con passo netto e deciso su terreno per ora facile. Quasi subito si presenta una prima catena, scendo una piccola e frastagliata paretina: un po' di attenzione e via. Ora la cresta si appuntisce in maniera decisa, viaggio costantemente sul filo dello spartiacque, acque che cominciano ad essere agitate, proprio come piace a me: raggiungo la vetta del Pizzo Cavallino. Spettacolare la vista sul Pegherolo, si avvicina lentamente, la cresta mi stà entusiasmando ma presenta subito un passaggio piuttosto impegnativo: scendo una franosa costa che si trasforma in un sottile e pianeggiante colletto lungo sì e no quattro metri, da cui partono due ripidissimi canali detritici: si viaggia proprio in punta..!! Appena oltre ecco la seconda breve catena, che risale un canalino frantumato in centinaia di piccolissimi appoggi. Lo scavalco e trovo al di là una parete decisamente ostica: va dapprima scesa per qualche metro, poi attraversata su appoggi abbastanza delicati e infine risalita su terreno franoso per portarsi di nuovo sul filo di cresta. E' un tratto un po' difficilino, attenzione a seguire scrupolosamente i bolli. Ora il Pizzo Cavallino prosegue disegnando due lunghissime gobbe, che salgo e scendo restando assolutamente fedele al crinale: la prima è più "tranquilla", la seconda presenta una secca discesa che polverizza un centinaio di metri di dislivello. Negli ultimi metri il cammino si fà delicato e roccioso, ci si abbassa ad un'aerea bocchetta: adesso sono davvero sulla porta del Pegherolo, si volta pagina, si entra in un altro mondo. Il Pegherolo mostra la sua pelle scorticata, cammino salendo di traverso un'inclinata placca di nuda roccia: gli scarponi raggiungono di nuovo il crinale grazie alle "orme" scavate appositamente. Ed alquanto elettrizzante si rivela il tratto di cresta successivo, cammino letteralmente in bilico sul sottilissimo filo roccioso, talmente stretto da non consentire l'incrocio di due persone: cento metri straordinari che caratterizzano l'intera cavalcata..!! Un passo falso quì significa dire addio al futuro, vietatissimo sbagliare..!! Resto alquanto sorpreso ed affascinato, mai avevo trovato una cosa simile sulle Orobie..!! E' un tratto decisamente delicato ed impegnativo, ma per fortuna le vertigini non sono nel DNA dei miei scarponi, filano via sicuri e alquanto divertiti. Non esiste quasi più erba sotto di loro, salgo un breve spallone poi mi scosto dal crinale tagliando in piano lo scosceso versante di Valleve: due traversi successivi da prendere con estrema prudenza, specialmente il secondo che risulta alquanto esposto. Occhio e ancora occhio..!! L'ambiente si fà lunare, selvaggio e molto severo. Un ghiaioncello e sono dirimpetto alla prima balza rocciosa attezzata: la catena parte quasi verticale e salendo mi devo leggermente spostare verso sinistra. Delle tre finali è senza dubbio la più difficile, ma è corta e gli appigli sono ben distribuiti su roccia buona: filo su pensando alla tremarella patita affrontando la difficile parete attrezzata della cresta sud. Per fortuna questa è decisamente più facile. Qualche saltello di roccia ed arriva subito la seconda catena: corta pure lei, ma abbastanza tosta. Mi ritrovo su una ripida costola costellata da ghiaie e sassi instabili: il sentierino da percorrere non è per niente facile e rassicurante, salgo con estrema attenzione. Ed eccomi al torrione finale con la terza e ultima catena: lo confesso, questa la temo in maniera particolare, non sò perchè.... A sorpresa invece, nonostante sia la più lunga, si rivela la più facile di tutte: risalgo una spaccatura quasi verticale, ma il canalino è fatto a gradoni, si và su facilmente. Sbuco in cima a cento metri dalla vetta, resta un ultimo saltello che costringe di nuovo all'uso delle mani: quattro passi e tocco la croce. Stavolta la felicità è immensa e me la godo tutta..!! Adesso i miei scarponi possono tirare le conclusioni e mi suggeriscono di dirvi quanto segue: che splendida cavalcata..!! Che magnifico percorso..!! Che bello..!! Che bello...!!! Mai avrei immaginato che la mia Valbrembana custodisse un itinerario di tale bellezza..!! Mai avrei immaginato di trovarmi immerso in un ambiente così particolare e straordinario..!! E' un magnifico viaggio in cresta, adatto però solo ed esclusivamente ad escursionisti molto esperti, dal passo sicuro e deciso. Ripeto: tassativamente solo per escursionisti molto esperti. Se vi riconoscete in questa categoria non lasciatevi scappare il Pegherolo..!! Per finire un paio di consigli: tenete conto che la lunghissima cavalcata, pur rimanendo in quota, è ricca di saliscendi a volte faticosi, non affrontatela con poco allenamento. E salite solo se siete sicuri di trovare terreno asciutto e bel tempo: non azzardatevi neanche lontanamente a salire lassù per scherzare con la pioggia o peggio con i temporali..!! Ero partito con la mente sgombra da qualsiasi pensiero e timore, una lavagna nera e pulita....Poi è stato un uragano di emozioni. Su quella lavagna ho scritto solo due parole, ma significano tanto: "Grazie Pegherolo". |
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