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Venerdì 4 Gennaio 2013.
La mia prima escursione dell'anno nuovo non ha per meta cime elevate, oggi i miei scarponcini e il mio cuore viaggeranno su un filo dai risvolti personalissimi.
Raggiungo Mapello e annodo quel filo.
Paese di pianura che non ha certo fama di essere una capitale delle escursioni: mi aggiro tra i vicoli e le torri del bel centro storico, restando piacevolmente sorpreso dalla gran quantità di cartelli in legno indicanti itinerari che si diramano sul sovrastante Monte Canto, saranno miei preziosi alleati.
Il paese è dominato dall'isolata parrocchiale costruita sul colle, mi incammino su Via dei Colli, la seguo fino a immettermi su Via Vena, una stradetta agreste che si alza tra filari di vite: poco più avanti nel muro che a monte sostiene i coltivi si apre un cunicolo gradinato che scende ad intercettare la vena d'acqua sotterranea da cui prende il nome la via stessa.
Il tracciato ha intanto virato a sinistra nel bosco e mi porta ad un bivio, tiro dritto sul sentiero pianeggiante che poi scende con tratti gradinati a prendere la sterrata che in località Cave mi deposita sulla stradetta asfaltata per Cà Bolis.
Sale nel bosco a tornantini, con tracciato rilassante e mai cattivo, raggiungo la sella con la chiesina degli alpini: la Madonna dei Cerri benedice il silenzioso sacrario di chi non è tornato.
Un breve strappo mi conduce alla vicina Cà Bolis, posta proprio sul crinale, la pendenza si attenua e i panorami si allargano: viaggio tra filari di vite e quando raggiungo Cabergnino nei miei occhi hanno trovato posto anche cervi e cigni, pianure e montagne innevate a me familiari.
Cabergnino è il capolinea della stradetta asfaltata, una micidiale rampa cementata mi porta sull'uscio di una villa signorile, giro a sinistra su un ampio selciato: ecco un dosso panoramico con panchina e scultura moderna, il bellissimo tracciato attraversa la grandi siepi di Montealbano portandomi nuovamente sull'asfalto, l'Abbazia e Priorato di Sant'Egidio in Fontanella appare all'improvviso.
Entro in punta di piedi in questo gioiello assoluto, il complesso monastico è pregno di una bellezza avvolgente: sacro e quotidiano si fondono in un'alchimia immortale, chiostro e cascina stampano nella mia anima una pace affascinante.
Pace che mi accompagna sul ripido tratturo che dal sagrato si alza nei vigneti e mi accompagna tra piccole piantagioni di ulivi: il clima di questo versante affacciato sulla pianura è caldo, il paesaggio è di una dolcezza straordinaria.
I cartelli di legno snocciolano in successione i nomi delle località da me attraversate, Caprile, Marinele, Porcile: qui la freccia del Monte Canto mi indirizza a destra, il tracciato sfiora la Madonna di Fatima e si inerpica nel bosco.
E' un tratto stupendo, un acciottolato rifatto a nuovo in tempi recenti, sale a lungo con regolarità e andamento mai troppo faticoso: gli unici due tornanti sfiorano un capanno, dietro una costa un breve tratto pianeggiante mi porta al Canto, un'emozione violenta sta per invadermi, ma del tutto imprevista spunta una chiesetta in cima al colle.
E' Santa Barbara, non sapevo della sua esistenza, una sorpresa che aiuta a stemperare il mio stato d'animo: mi prendo tutto il tempo di ammirare montagne che i miei occhi non vedono certo per la prima volta, poi scendo ai ruderi.
Pochi passi e metto piede tra ciò che resta del borgo del Canto, una cascina ristrutturata contrasta violentemente con antiche abitazioni quasi totalmente crollate: recenti palizzate impediscono di avvicinarsi, troppo elevato il pericolo di nuovi crolli.
Mi aggiro tra questi poveri resti, mi fermo davanti uno di loro, lo scelgo a caso, non importa.
Riannodo il filo, il mio compito è terminato: dedico questo viaggio a mio papà, nato a Mapello e a sua madre, nata in uno di questi ruderi del Canto.
Non l'ho mai conosciuta, una circostanza recente mi ha svelato che era nata quassù, cosa che ignoravo: mi guardo in giro con grandissima emozione, una parte di me proviene da una di queste rovine, ma non saprò mai da quale.
E' una malinconia dolcissima che mi accompagna sulla strada del ritorno, quel filo che ho annodato vibra forte nella mia anima: la luce calda e radente del pomeriggio illumina e fa splendere ogni luogo che rivedo tornando fedelmente sui miei passi fino alla Madonna dei Cerri.
Si sta facendo tardi e per accorciare la strada decido di prendere il sentiero sulla sinistra che dovrebbe portarmi direttamente alla chiesa di Mapello: la raggiungo dopo qualche tribolazione dovuta al terreno fangoso del versante esposto a nord che ho dovuto attraversare.
Dal sagrato della chiesa si domina un panorama aperto sul paese e le pianure da una parte, sul Linzone e Canto Alto dall'altra: sento che mio papà e mia nonna stanno guardando il panorama insieme a me, loro lo hanno già visto.
Una ripida scalinata mi riporta in paese, alla realtà di tutti i giorni, ma porto con me un filo speciale, steso sulla pelle di un monte: grazie Monte Canto.
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Immagini totali: 78 | Ultimo aggiornamento: 13/05/13 21.56 | Generato da JAlbum & Chameleon | Aiuto |