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Martedì 23 Agosto 2011. Non avevo mai fatto niente del genere in vita mia, non so se proverò ancora emozioni così intense. Io, Fausto e Sonia: forse qualcuno oggi salirà il Diavolino. Pagliari è ancora vestita di notte, lampioni che illuminano e fermano il tempo: atmosfera eterea e bellissima, un sogno. I miei scarponi aspettano pazienti che mi disseti al Baitone, salgono decisi al Longo, scollinano alla Selletta: cavalli regalano una scena bucolica, ma gli occhi sono già proiettati verso il Passo di Valsecca, ancora molto lontano: ci manco da vent'anni..!! Ho svezzato i miei scarponi altrove, sono totalmente inesperti di questo lungo sentiero: ora si lasciano guidare obbedienti. Attraversiamo l'immenso vallone della Camisana e raggiungiamo la pianeggiante valletta ai piedi dei Diavoli. Salgo sul ponticello che attraversa il Brembo, mi fermo: guardo il torrentello che scorre sotto di me e penso a mio padre. Avevamo un cava di ghiaia a Brembate, il Brembo ha permesso a mio padre di mantenere la nostra numerosa famiglia: il mio amatissimo Brembo, gli dobbiamo molto. Lui nasce quì, dai franosi ghiaioni sotto il Valsecca: sono ancora parzialmente ricoperti di neve, sembrano morene di un ghiacciaio. Sonia si separa da noi, segue i segnavia del Diavolone, ci aspetterà al Podavit. Io e Fausto raggiungiamo il passo di Valsecca: fin quì è stato facile, ora non più. Il Diavolino si presenta come una bastionata apparentemente inaccessibile, appena smorzata dai ripidi prati che stiamo risalendo per portarci alla sua base. Arrivati al basamento che ospitava la colonnina del telesoccorso, Fausto mi saluta lasciandomi la sua ricetrasmittente, torna a valle per raggiungere Sonia. Decido di proseguire, mi porto alla base del primo erto canalino, spengo il motore dei miei bastoncini, comincio ad arrampicarmi: a sorpresa scopro degli sbiaditi bolli rossi che in teoria non dovrebbero esserci, secondo le informazioni in mio possesso. Ecco invece che leggere ombre rosse mi guidano attraverso una lunga serie di canalini e spaccature che si rincorrono sul filo di questo tormentato spigolo: le pendenze spaziano tra il ripidissimo e il verticale. E quando la via sembra chiudersi definitivamente, come elfi spuntano alcuni piccoli omini di sassi a indicarmi la direzione, brevi cenge a volte esposte che mi fanno letteralmente girare l'angolo, mandandomi a sbalzo sul versante Brembano o su quello Seriano. Salgo tutto d'un fiato, senza timore: la salita è decisamente impegnativa, ma rimango colpito dall'andamento sorprendente della traccia, che non si spinge mai a livelli troppo difficili. Non mi giro indietro, non cerco con lo sguardo la vetta, la sbilenca croce mi si para davanti all'improvviso, è fatta: mai avrei immaginato di poterla un giorno toccare..!! Sono emozionatissimo, non me l'aspettavo di farcela, ma allo stesso tempo mantengo la giusta freddezza: comunico agli amici la mia intenzione di proseguire verso il Diavolone. Dopo le foto di rito mi affaccio sulla non facile discesa del versante nord, dove i bolli rossi non si spingono: io non conosco la strada. L'istinto mi accompagna lungo questa scoscesa distesa di placchette rocciose, disseminate di canalini e traversi ghiaiosi: riesco a portarmi sulla crestina che collega Diavolino e Diavolo. Non avendo nessuna guida sbaglio leggermente strada, ma arrivo comunque nel punto dove nasce il Diavolone. Lo spigolo è largo e senza traccia bollata, nessuna via precisa, ci vuole una buona dose di volontà per proseguire: davanti s'innalzano balze e salti di roccia tutt'altro che facili e rassicuranti. Le mie mani afferrano i primi appigli, la testa guarda avanti: decido di mandare in avanscoperta l'anima, lascio che sia lei a farmi strada, le dò piena fiducia. Va sù decisa, la seguo fedelmente senza mai guardarmi indietro: mi fermo un attimo per immortalare qualche stambecco, ma non posso indugiare, lei non mi aspetta. Sale, sale leggera e sale ancora, come accarezzando la pelle durissima di questo Diavolo impervio e senza fine. Non ho altro punto di riferimento che lei, mi fà affrontare alcuni passaggi molto delicati, non ne avevo trovati così sul Diavolino: sono intimorito, arriva il momento in cui dubito che abbia sbagliato strada. Ma ecco che di colpo si ferma ad aspettarmi appollaiata sull'ennesimo verticale grumo di rocce, la raggiungo non senza difficoltà: pochi metri davanti a me si staglia la piramide di vetta del Diavolo. E' il respiro che manca, uno schiaffo violento e dolcissimo, pochi metri e tocco la Madonnina di vetta, mi fermo, è finita: per qualche attimo il cuore e la mente vanno per conto loro. Non sono in grado di spiegare cosa ho provato: se esiste l'Eden in quel momento era lì intorno a me. Ci vuole un po' di tempo, poi la voce si fa coraggio: chiamo i miei amici per rassicurali e scambio due parole con un altro escursionista presente in vetta. Poco dopo lui scende. Rimango solo, comincio a scattare qualche foto e lentamente la tensione si sgretola, trasformandosi in gioia pura: solo ora mi rendo conto di chi sono e dove mi trovo..!! Guardo il Diavolino, ripenso a quanto fatto dal Valsecca in poi: è stata una traversata impegnativa e meravigliosa, la salita più difficile in assoluto che abbia mai affrontato in vita mia..!! Difficile anche mentalmente, per un'escursionista: non sono e mai sarò un mago delle rocce, ma mi rendo conto molto bene che questa traversata non è adatta a tutti, molti passaggi reclamano forza di volontà e gran sangue freddo. E' una traversata che non ammette paura del vuoto ne distrazioni, guai a prenderla con leggerezza..!! Diavolino e Diavolo, vi saluto con intimo rispetto: adesso scendo al Podavit, ritroverò i miei amici, raggiungeremo il Calvi, riattraverseremo Pagliari. Ma vi lascio in custodia un frammento del mio cuore e come leggo su una targa della vetta, se mi sarà concesso ritornerò....Non per riprendermi quel frammento, ma per aggiungerne un altro. |
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