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Undici luglio, estate avanzata in disavanzo di bel tempo, e tre spunti notevoli per la mia mente svolazzante in cerca di mete: 1) il Passo di Belviso, se non il più alto certamente fra i più alti valichi bergamaschi in assoluto (2518 m.) 2) La visione diretta del lago di Belviso, spesso ammirato in foto e che credo sia il lago più grande fra quelli incastonati tra le valli orobiche o confinanti con esse. 3) La lunga e selvaggia valle del Gleno, con l’eco storica del dramma della diga crollata nel 1923 sulle vite di mezzo migliaio di persone. È così che, nell’ennesimo prealba brembano piuttosto perplesso esco di casa e sfreccio verso la Val di Scalve, splendida terra ricca d’indipendenza e di caratteri affilati come diedri montani.
A Vilminore abbandono la provinciale per salire a Pianezza, dove lascio l’auto nella deliziosa piazza ai piedi del campanile che – con il suo suggestivo orologio a unica lancetta e quadrante di sole 6 ore al posto delle canoniche 12 – dimostra che qui la gente è abituata a non perdere tempo, soprattutto con quelli che hanno bisogno del numero doppio di lancette per capire in che spicchio di giornata stanno.
Prendo atto dell’intelligente parsimonia scalvina e imbocco il sentiero 411, che sale deciso verso uno dei poster migliori della landa orobica: le pareti nord della Presolana e del Ferrante strapiombanti sul mare arboreo scalvino.
Ma a colpire è anche la suggestione che il sentiero 411 regala quando più in alto si spiana e si scava nella roccia permettendo visuali aeronautiche della bassa valle e delle costole di cemento rimaste in petto allo sbarramento del Gleno.
Quarantacinque minuti dopo la partenza sono alla diga, il sole è sorto e pare di buona luna, i ruderi della imponente costruzione sono più fascinosi che minacciosi e il primo pianoro della valle si mostra in una perfetta veste bucolica fatta di acque docili, cavalli al pascolo, erba di rugiada e silenzi biblici. Escursione molto bella: panorami superbi e supremi, i miei primi bastoncini della carriera che superano l’esame della lunga discesa col grazie convinto delle ginocchia, tre marmotte che fischiano la mia uscita dal campo perché a sostituirmi sono stormi di giovani rododendri, e decine di docce naturali per rinfrescarsi l’anima. Val del Gleno-Belviso: corso accelerato di storia e geografia. E vi dirò: val la pena farsi bocciare per ripeterlo |
Immagini totali: 26 | Ultimo aggiornamento: 26/07/09 8.27 | Generato da JAlbum & Chameleon | Aiuto |