Prefazione del Sen. Sandro Bondi
Ministro per i Beni e le Attività Culturali
Il caro amico Carlo Saffioti ci ha regalato ben più che un testo basato su memoriali, epistolari e documenti redatti dal "prozio del prozio", Pietro Volpi di Zogno e poi da Pietro Oprandi e da Carlo Giuffrè di Reggio Calabria, e trasmessi, infine, alla famiglia come anima profonda della Storia. In realtà, vi è ben di più in questo breve e succoso scritto. Vi è la nostra storia tracciata, come nella scaturigine di un fiume carsico, nel corpo, nella coscienza e nel sangue del prozio garibaldino; vi è la possibilità di rileggere non una storia minore, ma una microstoria -avrebbero detto i grandi allievi della scuola delle "Annales" - intrecciata con l'evento generatore del nostro presente, l'unità d'Italia. Vi è anche un talento letterario e documentaristico non comuni, che aiutano non poco il lettore, anche giovane, a riscoprire i fondamenti della nostra memoria civile e storica.
Certo, ha ragione Saffioti quando scrive che l'unità d'Italia non può essere rozzamente rappresentata "come una colonizzazione operata con la forza e con l'inganno da parte del Regno Sabaudo, come un accidente nella storia della Penisola messo in atto contro ipopoli italiani ad opera di un Re rozzo e donnaiolo, di un Primo Ministro cinico e intrigante, di un avventuriero schiavista e di pochi scrupoli, di un visionario integralista'. Pur nel quadro chiaroscurale che ogni grande impresa storica non può che presentare, certamente l'unità d'Italia ha visto in campo protagonisti di primo piano capaci di progettare e pensare in grande. Legittime le perplessità di Saffioti: "Mi domando come si possa pensare di celebrare l’unità d'Italia, anche nella prospettiva federalista, e sperare che i giovani si sentano orgogliosamente italiani quando vengono ignorate, se non screditate, le radici dell'unità. Di cui i nostri padri della Patria sono i simboli
più forti e più belli: Vittorio Emanuele II fu un Re coraggioso e deciso, rischiò la vita nei campi di battaglia e accettò la scomunica pur di affermare i diritti dello Stato; Cavour fu il politico più acuto e intelligente che l’Italia abbia mai avuto, dotato di un rispetto della cosa pubblica davvero commovente; Garibaldi fu un eroe vero, generoso, romantico combattente per la libertà dei popoli; Mazzini fu un idealista con un senso assoluto del dovere".
Le ampie citazioni di questo bel testo servono proprio a rendere palpabile ed ancor più oggettivo il senso profondo di questa microstoria incorniciata nella storia patria ed universale. Noi abbiamo a cuore il significato genuino e profondo dell'unità d'Italia, la saldezza etica fondata su una "religione civile" dei protagonisti di questa impresa e la necessità di comunicare adeguatamente, soprattutto oggi, in questo momento di caos culturale e morale, la verità e l'importanza dei gesti eroici e monumentali dei nostri Padri. Viviamo - così dice la storiografia contemporanea - in un'età "post-eroica". E vero. Ma non è deterministicamente scontato che questa temperie debba travolgere tutto e tutti. Carlo Saffioti ci mostra, in fondo, un'altra strada: il recupero della coscienza dell'eroismo patrio e civile. "Exempla trahunt\ dicevano i nostri maestri latini. Valeva ieri e vale anche oggi.
Sandro Bondi 2 dicembre 2009 |